sabato 22 dicembre 2012
DANIEL BAMDAD - Styling / Interview
Daniel Bamdad è un ballerino professionista e coreografo tedesco, nato ad Amburgo si è trasferito a Parigi nel 2011 per proseguire i suoi progetti artistici oltre ad iniziare una carriera di modello ormai di fama mondiale, che gli ha permesso di lavorare con alcuni dei nomi più prestigiosi della moda. L'ho incontrato e che dire... sotto quei tatuaggi tutto si potrebbe pensare di trovarvi tranne la semplicità.
La tua top model preferita?
Kate Moss
Qual’è la città per cui hai avuto la tua cotta più grande e sei eccitato tutte le volte che devi tornarci?
New York
C’è qualcosa di cui sei ossessionato dall’idea di non aver ancora fatto o provato?
Niente perché quando voglio fare o provare qualcosa, lo faccio!
Hai lavorato con grandi nomi della moda da Vivienne Westwood a Jean Paul Gaultier a Jurgen Teller, hai qualche bella storia che vuoi condividere?
Quando lavori con persone come loro, ogni momento è un'esperienza incredibile! E 'difficile sceglierne uno.
C'è sempre una storia dietro ogni tatuaggio e tu nei hai molti, ce n'è uno in particolare di cui vuoi parlarmi?
"God Bless My Family" scritto sul mio braccio destro è stato il mio primo tatuaggio. Da quando ho iniziato a farmi tatuare, ho visto i tatuaggi come un modo per apprezzare le esperienze e i momenti più importanti della mia vita, anche se al primo posto c'è sempre la famiglia.
E che dire della sentenza "This Is Art" che ti sei tatuato sul sopracciglio?
Dal momento in cui ho iniziato a tatuarmi ho avuto tante discussioni con persone che pensavano che i tatuaggi siano ancora un simbolo criminale ed antisociale o da gangster. A mio parere lo spirito dei tatuaggi è cambiato. Mi piace ed apprezzo questa parte della storia dei tatuaggi, oggi i tatuaggi sono arte!
Quale caratteristica devono possedere i migliori artisti del 21° secolo?
L’individualità e non avere paura di tutto ciò che si vuole fare, a meno che tu non faccia male a qualcuno facendolo, e soprattutto rimanere fedeli a se stessi.
So che sei un bravissimo ballerino, me ne parli?
È la mia passione! Ho iniziato quando ero un bambino, ho preso le mie prime lezioni di ballo quando avevo 11 anni fino ad arrivare ad insegnare io stesso. È e rimarrà una parte importante della mia vita.
Piacere o sensualità?
Piacere.
Hai un modello o un icona?
Non credo di averne...
Qual è il tuo primo ricordo d'infanzia?
Non ne ho idea, mi spiace!
Che cosa è reale di te e cosa è surreale?
Tutto è vero di me, perché la cosa più importante è essere veri ed onesti. È la stampa che sta cercando di farmi apparire come un "Bad Boy" ma è falso perché in realtà io sono un ragazzo veramente carino... non trovi?
Fai qualche sogno ricorrente?
Non ricordo mai i miei sogni ...!
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SEBASTIAN GHERRE - Interview
Sebastian Gherrë è un giovane fotografo cileno che lavora sotto lo pseudonimo di GAG-BALL ed espone il suo lavoro, principalmente immagini di corpi nudi, sul suo sito web gag-ball.com. Questa galleria virtuale mette in mostra raccolte come “I love you mommy and forgive me, but I have a daddy complex” che consiste in un centinaio d’immagini di giovani amanti, marchette (i taxi-boys come li chiama lui) e prostitute reali che acconsento a farsi fotografare per qualche soldo facile. La sensazione che si ha osservando le sue fotografie è quella che si potrebbe avere se un giorno a casa di un amico, trovaste per caso un mazzetto di Polaroid con scene private di qualsiasi gusto sessuale. Lo stesso sito funziona così, è lì per tutti coloro che c’inciampano. Nato dopo la delusione per il suo primo grande amore infranto, Sebastian inizia ad andare a letto con tanti ragazzi diversi che in qualche modo vuole ricordare per sempre fotografandoli e offrendo a tutti noi il modo di poter sbirciare liberamente nel suo cassetto di fotografie private.
Mi racconti come è iniziato tutto?
Un giorno del 2009, quando è finita la mia storia d’amore più lunga con il mio primo ragazzo che era un figlio di puttana. Quel giorno ho preso la mia Polaroid e sono andato a casa di un ragazzo che ho incontrato in una gay sex chat. Ricordo di essere entrato nella doccia chiedendogli se potevo prendere la mia Polariod e ricordare quel momento per sempre. È stato come iniziare una nuova vita per me.
Mi dici come ti è venuta in mente la tua serie di Polaroids "I love you mommy and forgive me, but I have a daddy complex”?
Un giorno alcuni amici sono venuti a cena a casa mia e mi è hanno detto: "Sebastian per favore facci vedere le tue Polaroid!" Dissi: "No - no - no!" Non volevo sentirmi dire che sono come un padre malvagio, con tutti i miei amanti ho sempre avuto come un complesso paterno! Così due mesi dopo ho deciso di realizzare la serie "I Love You Mommy..." e in pochi giorni dalla sua messa on-line la mia email era piena di messaggi di ragazzi carini che volevano essere inseriti nella mia serie di Polaroid.
Sono davvero documentazione delle tue scappatelle sessuali?
Sì, certo, è pura realtà! Ogni fotografia non è mai stata pensata, ogni volta che esco di casa metto la macchina fotografica nella borsa e trovo sempre bei ragazzi, talvolta amanti che s'incontrano nei bagni dei centri commerciali, o qualche marchetta a basso prezzo che è disposta a farsi fotografare mentre fa sesso con un altro amico in casa mia.
Ma quindi tutte le persone nelle tue foto sanno che stanno per finire nella tua galleria?
Io non lo so! Tutti sanno chi sono io, lo sanno tutti, prima o poi sarai nel mio progetto, quando si dorme con me vai a letto anche con GAG-BALL.
Mi piacciono le tue foto perchè non hanno pretese, così come il tuo sito sono divertenti. Ritieni le tue immagini una sorta di vendetta artistica?
Oh grazie! Sono lusingato dalle tue parole gentili.
Penso che sia una vendetta contro il mio passato, la mia vecchia vita sessuale, penso che sia un modo per mostrare la realtà, la sessualità dei giovani nel mio paese. Il Cile è un paese molto conservatore e penso che non avrei mai potuto creare qualcosa che fosse dentro gli standard della tecnica tradizionale, sono sempre stato il bambino problematico,
la pecora nera della famiglia, il bambino isterico che non ha mai avuto amici e fin da giovane volevo sempre toccare tutti i ragazzi. Penso che sia la vendetta alla mia infanzia.
Non credo che le tue immagini siano prettamente pornografiche, sembrano più degli scatti privati come quelli che le persone tendono a farsi nella propria initmità. Ciò nonostante credo che una galleria d'arte non li esporrebbe tanto facilmente. Ho ragione?
Sì. È un grosso problema per me, nessuna galleria mi lascia esporre le mie fotografie, per questo motivo ho creato questa galleria virtuale. L'idea della GAG – BALL Gallery è che è la mia galleria d'arte e metto in mostra quello che mi piace, quando e come voglio. In più la gente può vedere le mie foto da qualsiasi parte del mondo, sia in Italia che a Berlino! Se ho qualcosa da dire alle gallerie del mio paese, sarebbe qualcosa come: FUCK YOU VERY MUCH!
Della linea sottile che dicono esista tra arte e pornografia che ne pensi?
Non ci credo. La pornografia è molto ben pensata a livello di business per un determinato cliente o pubblico, che potrebbe comprare il video. Con le mie fotografie invece cerco solo di fare quello che provoca piacere personale a me stesso e basta. Ho sempre pensato solo a me stesso e non a qualcun altro. Se ti piace quello che sto facendo bene. La GAG - BALL Gallery è per me.
Quando eri un bambino eri timido?
Da bambino mi piaceva masturbarmi con i miei cugini o compagni di classe, avevo molta pornografia in casa che era dei miei fratelli maggiori o dei miei genitori. Avevo un amico di nome Carlos che veniva sempre a casa mia e ci masturbavamo insieme. Ricordo che una volta abbiamo fatto delle foto con una macchina fotografica di mio fratello, ma non ho mai sviluppato quel rullino. Penso che quelle foto siano in attesa di vedere la luce. Ricordo che una volta avevo invitato alcuni dei miei compagni di scuola a nuotare in piscina, ero molto giocoso, avevo circa 12 anni. Nuotavo nudo, così ho detto agli altri che dovevano farlo anche loro, mi ricordo che ho fatto sesso orale ad uno di loro, il giorno dopo lo sapeva tutta la scuola, fu così che mio padre scoprì che ero gay e non avrei più potuto andare in quella scuola ... ajajajaja!
Il sesso per te significa?
Equilibrio, compiacenza, egoismo, vittoria e perfezione.
Pensi che il vero amore esista davvero?
No! Siamo troppo egoisti.
Qual è il tuo motto?
Hey tommy-boy. Eat your candy-skull!
Qual'è l’oggetto preferito che tieni in camera?
La scatola dove tengo i miei vinili, sono un amante della musica. Posso dire anche il mio letto?
Come no! Puoi dire quello che vuoi. Qual'è il tuo peggior vizio?
Mangiare il mio sperma proprio quando mi masturbo, lo so che suona strano, ma mi piace molto. Mamma perdonami!
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JAIMIE WARREN - Interview
Ho intervistato Jaimie Warren un paio di anni fa e siamo rimasti sempre in contatto sui reciproci progetti durante tutto questo periodo. Ho sempre apprezzato le fotografie di Jaimie per il suo gusto del grottesco e mi ha sempre affascinato vedere fino a che punto si è continuata a spingere nella sua ricerca personale ed artistica. Jaimie non ha abbandonato l’autoritratto come mezzo espressivo, anzi ha continuato a rappresentarsi attraverso raffigurazioni paradossali, ironiche ed a tratti piacevolmente disgustose.
Quanto è cambiata la tua vita dall'ultima volta che ti ho intervistato nel 2010?
Vivo ancora a Kansas City, Missouri, un po’ in mezzo al nulla e mi concentro solo sui miei progetti, i miei amici ed il mio lavoro. Guardo i reality show e sto cercando di fare più esercizio fisico. Più o meno. Whoop Dee Doo (www.whoopdeedoo.tv), è uno spettacolo per ragazzini a cui sto lavorando con una dozzina d’amici e d’artisti, è anche un progetto itinerante, abbiamo creato incredibili spettacoli e nuovi progetti. Miglioriamo continuamente e anche se diventa sempre più impegnativo ci divertiamo.
Raccontami ad esempio come avete organizzato Whoop Dee Doo a Baltimora.
Abbiamo iniziato da una stanza vuota e in due settimane abbiamo costruito il palco, l'intero set, ed abbiamo creato oggetti di scena e costumi con la collaborazione di gruppi giovanili locali, stagisti del Maryland Institute College of Art e dei performer del posto, tra cui ballerini di polka. Mentre la Baltimore Police Honor Guard ci ha permesso di modificare l'inno nazionale in una lenta versione synth infestata. Mio Dio! Un cantante balinese ha collaborato al ballo Saman, la "danza delle mille mani". Inoltre c’era la danza con i burattini Cendrawasih dal bulbo oculare mobile, una lotta dal vivo di wrestling della Eastern Wrestling Alliance, Miss Baltimora e Miss DC in "Makeover Madness", i dolci di Charm City che hanno creato eruzioni di torta da fornai alieni provenienti da "Andagaar" e mille altre cose...è stato pazzesco.
Mi puoi dire qualcosa della tua ultima mostra The WHOAS of Female Tragedy?
Con piacere! Ho recentemente avuto la fortuna di avere a disposizione uno studio libero di 2500 metri quadrati che mi ha permesso d'installarci un sacco di auto ritratti. Quasi contemporaneamente, mi è stata data l'opportunità di aprire una mostra personale presso il Miami Dade College Museum of Art & Design a Miami, in Florida. È stata curata da Jeremy Mikolajczak, che di recente è diventato il nuovo direttore della galleria, ed ha curato alcune mostre incredibili. Questa mostra è nella Freedom Tower, un bellissimo spazio che è stato utilizzato nel 1960 per accogliere e processare il regime comunista in fuga del cubano Fidel Castro! Wowza! Credo che il Miami Dade College sia il secondo college più grande degli Stati Uniti. Per le nuove opere ho collaborato con un artista di nome Lee Heinemann, lavora ai miei progetti da quando ha 16 anni. Lee ha creato tutte le maschere, parrucche, costumi, fondali, è un artista incredibile e ha solo 19 anni. È super figo!
E quindi in che cosa consiste?
I nuovi lavori sono sostanzialmente tre serie differenti, e in tutte sono il personaggio principale. Sono in una direzione tutta nuova per quanto riguarda i miei autoritratti. Una serie utilizza abbinamenti trovati su totallylookslike.com, in cui la gente di solito accoppia il volto delle celebrità con oggetti, cibo o animali. La seconda serie è "Celebrità come cibo", che si trova su siti web come breadpeople.tumblr.com. Sono siti molto popolari in America, dove si combina il viso di una celebrità con il cibo, ad esempio Pretzel Rod Stewart, Madonut, Oreoprah e Lasagna Del Rey. L'ultima serie, quella più importante e che richiede tempo, si basa su celebri dipinti della storia dell'arte, ho un debole per i dipinti di William-Adolphe Bouguereau, e sul web si trovano moltissime sue alterazioni. Così ho ricreato i dipinti nel modo esatto in cui sono stati alterati dall’utente. Queste immagini si trovano su internet spesso create da utenti anonimi. Ho accreditato gli utenti e siti web in cui si trovano le immagini, in quanto è fondamentalmente il lavoro del "meme-maker" in aggiunta al lavoro che ho creato. Mi piace quanto sia sciocco e divertente il fatto che qualcuno perda del tempo a lavorare a Photoshop a qualcosa di così ridicolo.
Per quanto riguarda la ricostruzione dei quadri storici quando tempo hai impiegato a preparare tutto?
Beh in primo luogo, devo dire che non sarei stata in grado di fare il lavoro che faccio senza l'aiuto di tutti i miei amici. Mi sembra di vivere in una città più piccola, dove la gente vuole che gli altri abbiano successo, quindi ci sono un sacco di progetti di collaborazione e di scambio di favori, dove tutti aiutano tutti. Ringrazio tutti i miei amici per il loro talento, la loro pazienza e la loro volontà nel fare alcune cose che reputano super-strane aiutandomi a recuperare oggetti, costumi di scena, bambini e asini, tutto! Ho realizzato circa quaranta pezzi nuovi in circa tre mesi di lavoro senza sosta.
Cosa mi dici dell'assurdo costume che indossavi all’opening? Come ti è venuta l’idea?
Volevo che il mio costume fosse una versione davvero pessima di Jabba the Hut ed al mio fianco avevo un amico che era la brutta versione di Yoda.
Credo che la ragione principale per cui ho voluto quel costume è perché odio indossare un abito normale ad un’inaugurazione e chiacchierare con la gente, mi sembra noioso e poco interessante. Matt Roche, Erin Zona, e Lee Heinemann sono amici e artisti straordinari che mi hanno aiutato a visualizzare un costume che fosse la perfetta rappresentazione di sudiciume, divertimento, sessualità e goffaggine e queste sono anche le caratteristiche che cerco anche in una fotografia di successo. Volevamo qualcosa da cui si potesse mangiare del cibo, qualcosa che trasudava sostanze nocive, e qualcosa che aveva un sacco di strane alette e fori da cui si potesse scavare dentro e scoprire un sacco di segreti cattivi. C'erano un sacco di caramelle, oltre a una fontana di cioccolato, abbiamo passato un’intera notte a riempire il tutto con cibo e schifezze. Che serata!
Hai qualche nuovo progetto in cantiere?
Sì! Voglio approfondire la collaborazione con artisti come Matt, Lee e Erin, per una nuova serie di ri-creazioni di pittura, ma su grande scala, una vera e propria collaborazione che coinvolga immediatamente la comunità, che crei lo stesso senso di disagio e divertimento che si trova nel lavoro che sto creando ultimamente. Mi piacerebbe fare questi progetti dalle possibilità infinite in diversi paesi, Europa, Africa, Sud America.
John Waters una volta ha detto: "La vita non è nulla se non sei ossessionato." Sei d'accordo?
Sono completamente d’accordo! Sono stata ossessionata dal mio lavoro e non ho socializzato per anni, non prendendomi molta cura di me stessa e lavorando soltanto. Sto cercando di fare l'opposto di quella frase, cerco di prendere più tempo per fare le cose, per conoscere persone nuove, fare esercizio, leggere. Ma poi... John Waters è un genio quindi forse dovrei smettere con tutte quelle stronzate! Sono sicura che ha ragione. Ha sempre ragione!
Sei sempre stata attratta da questo tipo d’immaginario strano, ma sei mai stata giudicata per questo, specialmente ad inizio carriera? È diverso oggi?
Non posso credere che non mi sia mai stato chiesto prima. Penso che ci sia sempre stato un giudizio, ma è una forma di giudizio che sono sempre stata più che felice di accettare. Penso di essere sempre stata una ragazza grossa e mi sono scontrata con pregiudizi per questo, ma ho sempre abbracciato l’idea di essere riconosciuta un giorno per la mia perdita di peso, come Roseanne, Oprah o Kirstie Alley. Ho la capacità di farmi sembrare brutta, non credo che ci sia una singola immagine in cui io sia bella, soprattutto perché semplicemente non lo sono. Penso che in dieci anni di autoritratti fatti con i miei amici per intrattenere noi stessi in una città senza niente da fare, fino a quelli dell’ultima serie non ho mai un bell'aspetto. Di solito sono strana. E penso che la gente veda dell'onestà in questo, le buone intenzioni con il lavoro e la genuinità di esso. Credo di aver cercato di trovare in tutti questi anni me stessa come artista, so che tipo di sentimenti voglio trasmettere, ma sto ancora lavorando verso questo obiettivo. Penso che più confuso il lavoro diventa, più la gente non possa stereotipare quello che sto facendo, e più sono attratti da esso.
Davvero? A me sembra che tu sia invece attratta da quelle studentesse che avevano una bad attitude a scuola...
Ah. Ew, Alex, cattivello! Ma sul serio? Io ti stavo dicendo il contrario, mi sento più come in una proroga dei miei anni di scuola, come se fossi un’idiota abbastanza grande nella scuola elementare o nel liceo, che cerca sempre di adattarsi come un camaleonte agli stili di chi frequento - un minuto sarei goth o punk o qualcosa di simile, a mezzo culo fuori, indossando le magliette dei The Cure o dei TOOL, il minuto dopo un straight-edge skateboarder che non è mai salita su uno skate. In realtà alla scuola media facevo finta di essere messicana per essere cool anche perché si trattava di una scuola media prevalentemente frequentata da messicani... è stato in parte per evitare di essere picchiata. Ho detto alla gente il mio cognome era Warrenez e finivo spesso nelle liti, rispondevo male alle insegnanti. Inoltre, quando ho avuto un ragazzo messicano che mi fece indossare la sua collana di perline rosse, bianche e verdi, ho dovuto fingere per forza di essere almeno in parte messicana. Ah! Non ci pensavo da così tanto tempo. Ma dove eravamo rimasti? Oh sì, le ragazzacce!. Essendo sempre stata la carta fuori dal mazzo penso di aver sempre voluto vestirmici, in modo da adattarmi senza realmente riuscirci. Credo che sia sempre stata una forma d’intrattenimento per me. È davvero strano, ora che ci penso.
Ti preoccupano le nuove elezioni presidenziali? O pensi che sarà la stessa cosa, non importa chi vinca?
E' difficile rispondere perché sono sempre preoccupata di risultare completamente ignorante, è come se ci trovassimo di fronte ad uno spettacolo di burattini ed il dramma è che tutte queste primarie non sono altro che distrazioni al fatto che noi alla fine non abbiamo davvero alcun controllo. Comunque per rispondere la tua domanda ti dico che ovviamente voto per Obama. Per gli Stati Uniti avere una solida famiglia nera alla Casa Bianca è una cosa incredibile, avere invece Romney-Ryan alla casa bianca, con proposte anti-aborto e anti-gay, sarebbe un gigantesco passo indietro e di vergogna per l'America. Per non parlare delle agevolazioni fiscali per i ricchi, e molto altro ancora. Se Romney verrà eletto, posso vivere con te in Italia?
Certamente! Sempre che da noi non vinca nuovamente Berlusconi altrimenti saremmo in due a dover cambiare paese! Ci sarà mai un governo giusto per quelli come noi?
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ANDREW SALGADO - Interview
Pittore d’origine canadese Andrew Salgado da anni vive e lavora a Londra. I suoi quadri hanno una forza ed una tenerezza che li contraddistinguono, volti rappresentati tramite la violenza delle pennellate ad olio, incontrano l’emotività degli sguardi dei soggetti mantenendo un equilibrio curioso tra speranza e dolore. Qui la pittura figurativa classica del ritratto incontra l’astrattismo della tecnica e della realizzazione, che aiutano a raccontare emozioni forti e temi universali come: l'identità, la sessualità, la convalescenza e concetti che percorrono quella linea confusa tra l’aggressore e la vittima. Oltre ad esperienze personali, Andrew ha cercato per i suoi quadri storie che sentiva di poter semplicemente osservare senza giudicare o cercare di risolvere, dove il corpo maschile, con la sua fisicità viene brutalizzato attraverso i colori e l'applicazione gestuale della pittura, in un approccio emotivo e viscerale.
So che sei canadese, ma ti sei trasferito a Londra, mi parli di questo cambiamento?
Penso che gli artisti a differenza di molte carriere riconoscono che non c'è nulla a trattenerli in un luogo. Siamo persone desiderose di cambiamento e d’esperienza, che si rendono conto che per dire qualcosa d'importante con il nostro lavoro, dobbiamo esplorare, scoprire il più possibile. Mi sono trasferito a Londra nel 2008 per completare un Master al Chelsea College of Art, e da allora abito qui. A livello d'esperienza il mio primo anno a Londra si è dimostrato qualcosa di contemporaneamente sconvolgente ed entusiasmante: mi sono trovato a rimbalzare tra momenti d’ansia totale e di pura euforia, spesso in rapida successione l'una dall'altra e di tanto in tanto si sono pure scontrate. È una città sconcertante ed affascinante ricca d’opposti ed emozioni su una scala più elevata. Ma se in qualche momento mi sono sentito perso, il solo pensiero delle infinite possibilità di questa città è stato sufficiente a spingermi attraverso i pro ed i contro di una carriera definita dal mio stesso desiderio di avere successo e di continuare a crescere come artista. Penso spesso alla famosa frase di Oscar Wilde, che è qualcosa sulla falsariga di "Se non puoi amare a Londra, non puoi amare la vita".
Ti ricordi il momento esatto in cui hai capito di voler diventare un artista?
È stato un processo naturale per me, sono sempre stato creativo, e da bambino mi perdevo nella creazione di qualcosa per ore, anche giorni. Durante il mio ultimo anno al liceo un insegnante ha visto del potenziale e mi ha suggerito di seguire il campo dell’arte come istruzione superiore e magari di costruirci sopra pure una carriera.
Nel 2006 ho deciso di impegnarmi a fondo come pittore. Mi ero laureato in Belle Arti in Canada, ma fino a quel punto ero sempre in bilico tra il tempo trascorso a dipingere e quello al ristorante dove lavoravo come cameriere. Correvo al mio studio a completare i dipinti tra un turno e l’altro. Sotto molti aspetti, smettere quel lavoro è stata la decisione più catartica che ho preso. Mi ha portato a dove sono ora.
Mi sono innamorato del modo in cui dipingi la figura e la sessualità maschile, le tue opere per me sono figurative, ma a tratti anche astratte. È forse per questo che i tuoi quadri sono così pieni di forza? Ha senso per te?
Credo che sia parte integrante di come dipingo. La verità è che nel mio cuore mi sento più come un artista astratto che figurativo, io detesto anche il termine 'ritrattista' perchè quello che faccio ha qualcosa di uni-dimensionale, didattico, nel senso che ho sempre ritenuto troppo superficiale cercare di raggiungere semplicemente la somiglianza nella rappresentazione. A questo proposito è importante per me mettere in discussione la natura dell'immagine dipinta, la figura, e anche quei concetti che non sono così visibili, come la mascolinità, la sessualità, e l'identità. Per questo mentre dipingo allento la presa sul lato figurativo, voglio che lo spettatore sia molto consapevole di trovarsi di fronte ad una ricostruzione. Una pennellata potrebbe vagamente rappresentare un occhio o la punta di un naso, ma esiste anche un semplice segno di vernice, che non è nient’altro che quello. Credo che sia questo dualismo di forme che mi permetta di mettere in discussione l’immagine che ho dipinto. Mi piace mantenere le cose incerte: la forma ed il concetto, per permettere al mio spettatore di affrontare il mio lavoro con una mente aperta e di giungere alle proprie conclusioni.
Alcuni dei titoli che hai dato ai tuoi lavori sono grandiosi, glieli dai solitamente prima o dopo?
In genere ho un’idea di base di ciò che sto cercando di comunicare con un lavoro e solitamente il suo titolo viene assegnato in maniera naturale. Spesso però mi viene in mente ad un certo punto della creazione. Bloody Faggot è ovviamente un riferimento ironico a me stesso, un titolo usato per due differenti lavori uno del 2008 e l’altro del 2011, entrambi scaturiti dalla stessa esperienza personale molto violenta, che ho avuto per la mia sessualità e che mi ha fatto considerare la pittura come un mezzo di difesa. C'è un sacco di spazio tra queste due opere, ma per me questa crescita corrisponde ad una crescita non solo tecnica, ma anche emotiva, che viene con il tempo. The Fear That Keeps Us Awake è un titolo che è nato dopo un periodo abbastanza difficile, in cui sono diventato un insonne per circa 2 mesi, non riuscivo a dormire e produrre lavoro. Questo titolo si riferisce in modo diretto a quel senso di paura che mi ha sopraffatto. Tendo a fissarmi su certe cose quando lavoro ed allo stesso tempo, ero anche diventato letteralmente ossessionato dalla canzone The Fear dei Royksopp, sono state un sacco di nottate in studio con questo brano in loop. Il titolo è pensato per essere un po' ironico ovviamente, ma ha comunque un significato.
Alla fine come mai hai scelto i ritratti?
Ho una vera e propria affinità in questa materia credo che non riuscirò mai a smettere di aggiungere qualcosa di riconoscibile come umano nella pittura, e dubito che sarò mai in grado di abbandonare del tutto la pittura figurata. Voglio che il mio spettatore abbia una forte reazione osservando i miei quadri, spesso questo inizia con i volti, perchè come pittore e come essere umano sono attratto dalle facce. Vengo dal Canada e penso che lì ci siano delle regole rigide su come debba essere eseguito un ritratto, per me è stata una vera sfida cercare di discostarsi da tale convenzione. I miei quadri hanno cominciato a diventare più avventurosi rispetto l’inizio. Farò una mostra, The Misanthrope, alla Beers.Lambert Contemporary Art Gallery a Londra dall’11 ottobre al 17 novembre. Ho parlato a lungo con il direttore in merito a dove voglio spingere i miei lavori per quella mostra, e siamo entrambi d'accordo che sarà emozionante sfidare me stesso allontanandomi dalla mia comfort-zone. Dico sempre che il peggior nemico di un artista è la sensazione di fiducia che prova producendo arte e non vedo l'ora di sfidare me stesso partendo dal volto ed andando oltre, le volte che l’ho fatto mi ha dato una grande emozione, è difficile per me, ma importante continuare a violare questa lacuna che ho.
So che molti dei tuoi quadri sono autoritratti potresti dirmi quello che spinge un artista ad usare se stesso come soggetto del proprio lavoro? È un modo per esprimere ad altri come ci vede?
Più banalmente ti dico che suo l’autoritratto per il fatto che io sono il mio modello più facilmente disponibile, e non c'è niente che non farei per la mia arte. Tuttavia più allegoricamente parlando gli autoritratti sono un metodo d’indagine della mia psiche, il mio essere, gli aspetti della mia identità.
Per esempio l’autoritratto The Fool era una risposta ad una rapporto personale in cui ho sentito che ero stato ingannato e mentito. Ora sto lavorando ad un autoritratto per la mostra The Misanthrope, che è uno sguardo su come sono diventato la persona che sono, è stato molto suggestivo per me prendere in considerazione che persona sarei potuto diventare. L'idea d’autobiografia nel mio lavoro è importante solo in quanto mi permette di penetrare temi che a mio avviso sono universali, e che comprendo. Storie dissotterrate che mi permettono di creare opere che trascendono quell'ambito più ristretto del ritratto, permettendomi di considerare gli aspetti della mia vita che sono stati più dolorosi o significativi. Ho avuto problemi personali nel mio passato, in particolare a fianco del mio compagno come vittime di un’aggressione avvenuta nel 2008 in cui ho perso i denti. Negli ultimi tempi questo ha influenzato il mio lavoro, in misura minore, e mi sto interessando a storie di altre persone non più strettamente personali.
Lo sguardo nei dei tuoi quadri racconta tante emozioni, per me c'è un sentimento di disperazione, tenerezza, erotismo solitudine. E' difficile raggiungere tali grandi emozioni in un quadro?
Sono attratto dalle facce interessanti, e io di certo non sono estraneo al melodramma. Mi piace l'illuminazione drammatica e facce che immediatamente catturano la mia attenzione e quella dello spettatore. Penso che sia molto più interessante dipingere facce che hanno un tipo di forza nella loro emozione. Uso queste emozioni per confondere ed offuscare qualsiasi facile lettura della figura all'interno dell'opera. Cerco di evitare emozioni che sono immediatamente riconoscibili, ho spesso cercato la vulnerabilità. Non sono interessato ai sorrisi o in soggetti chiaramente felici, perché ritengo che siano banali. Ho un sacco di richieste per questo tipo di quadri, ma se non sono dipinti che funzionano in uno schema più grande non posso giustificare la loro inclusione nel mio lavoro. Devo prendere in considerazione ogni aspetto della mia pittura, a cominciare dall'emozione che sto cercando di ritrarre attraverso il mio soggetto.
Quando crei arte pensi a quello che gli spettatori possono pensare osservandola o è qualcosa che scaturisce naturalmente da un bisogno d’espressione interiore?
Prendo sempre in considerazione i miei osservatori, penso che sarebbe irresponsabile non farlo. La domanda più importante che mi chiedo in studio è il motivo. Perché sto dipingendo questo pezzo? Che cosa sto cercando di dire? Ho la necessità d’essere consapevole di ciò che faccio e di come lo sto presentando. Credo di dover essere onesto con i miei spettatori, se ho intenzione di fare affermazioni audaci sulla natura, l'origine e gli scopi che si celano dietro il mio lavoro. Sono incredibilmente autocritico, credo che questo sia uno dei miei più grandi pregi oltre all'incertezza ed al desiderio di migliorare che mi aiuta sempre a crescere.
Concordo con te che alcuni dei tuoi temi siano universali. Tutti possono relazionarsi. Il modo in cui sono rappresentati attraverso le pennellate possono risultano come una vendetta, una violenza, uno stupro o un solievo che ne pensi?
Cito Francis Bacon, che ha dichiarato: "La mia pittura non è violenta, è la vita che è violenta". Penso che i temi universali siano il dolore, la gioia, la perdita, l'estasi, la tristezza, il tempo e la convalescenza. Questi sono tutti temi profondamente appassionati, che risuonano universali e in quanto tali, non penso che qualcuno debba necessariamente ricercare le fonti precise d’ispirazione a cui attingo, ma sicuramente ad idee come il dolore, ed il passare del tempo. Questi temi sono ciò che mantiene il mio lavoro propositivo.
C'è qualche giovane artista che ti piace?
In questo momento sto guardando giovani pittori come Cinghiale Razvan, Adrian Ghenie, Alessandro Paganini, Aaron Holz, Hernand Basso, Kim Dorland, Roberto e Renato Miaz, la lista continua...
Cosa ti eccita maggiormente nel tuo lavoro?
Aprire un nuovo tubo di pittura ad olio e strizzarlo sulla mia tavolozza. Quando fuoriesce in una pozza d'olio è così divino e sensuale.
Com’è vivere d’artista?
Mi sento incredibilmente fortunato a fare quello che amo ed ispirare e muovere le persone che a loro volta m'ispirano. Reputo sia un privilegio.
In che cosa indulgi quotidianamente?
Ho una vita piena. Ho la fortuna di vivere in una città meravigliosa, con amici favolosi e grandi opportunità, amo viaggiare, vino e cibo, arte e musica ovviamente. Ho un fantastico partner con cui vivo una relazione da parecchi anni. Sono benedetto.
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domenica 2 dicembre 2012
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