mercoledì 18 giugno 2008

venerdì 13 giugno 2008

Brandon Herman - Interview


Le fotografie di Brandon Herman mi fanno desiderare ciò che c’è in esse e mi fanno venir voglia di essere anch’io lì. Il suo lavoro è gentile, sottile e sexy. Brandon spesso cattura momenti indifesi di chi sta fotografando rendendoci parte di un immaginario privato a cui, attraverso il suo occhio d’artista californiano venticinquenne, c’è concesso entrarci ed a volte anche di perderci.

Che cosa ti ha spinto ad iniziare a fare fotografie?
Fondamentalmente ho iniziato a fare foto perchè ero terribile nel disegno e nella pittura. Ho capito che i soggetti che m’interessavano e che volevo mostrare nei miei lavori, sarebbero stati migliori se li avessi serviti su un piano più realistico, che non sarei mai stato in grado di raggiungere con qualsiasi altro mezzo, così la fotografia era la mia unica opzione.

Ciò che mi attira nelle tue fotografie e che le differenzia da alcune che si vedono in giro negli ultimi anni è che si percepisce la connessione tra te e chi stai fotografando piuttosto che guardarli in modo cinico. Nelle tue fotografie la vita sembra sempre che valga essere vissuta e sia divertente sei d’accordo?
Non sono mai d’accordo o in disaccordo con ciò che le persone percepiscono dai miei lavori. Molta della mia energia è direzionata nel creare un immaginario che è specifico abbastanza da guidare chi osserva i miei lavori, ma che è anche abbastanza ambiguo da permettere che l’immaginazione di chi sta guardando è libera di andare liberamente e finire in uno spazio psicologico che non avrei mai previsto e che nelle mie fotografie la vita sembra sempre che valga essere vissuta e sia divertente è definitivamente parte del mio immaginario. Mi piace vedere la vita come un gioco ed ogni giorno mi sveglio e cerco ad un nuovo modo per rendere questo gioco interessante; nuove regole, nuove complicazioni. Uso i miei progetti come scusa per fare cose divertenti, e quando non lo sono più inizio un nuovo progetto. Credo che anche se il mio lavoro si rivolge a chi lo osserva sia anche molto egoistico, è una costante contraddizione, vedi è questo che m’interessa.

Osservando le tue fotografie, parti con una sensazione di quanto sono fragili le persone che fotografi e poi gradualmente percepisci un sentimento di una dignità profonda che possiedono questi ragazzi è come un viaggio psicologico...
Credo che ciò che tu colga come livello d’intimità sia quel qualcosa che ho usato per tenermi interessato e per continuare ad evolvere il mio lavoro. In superficie le persone sono quasi tutte uguali, ma quanto abbatti le loro inibizioni e ti avvicini di più alla loro essenza, quando sono arrabbiati o spaventati o troppo esausti perchè mantengano una facciata, i loro tratti animali iniziano a rivelarsi e le cose diventano dark ed inaspettate. Queste diventano le variabili che rendono diversa e nuova l’esperienza. Quando faccio un progetto con qualcuno, cerco sempre di farlo in viaggio, perchè quando tu viaggi con qualcuno puoi amarli o odiarli fino in fondo in un giorno solo e le cose diventano intense. A volte quando fotografo qualcuno cerco di proposito di farli arrabbiare più che possono, e poi spendere il resto della giornata ad attrarli di nuovo verso di me cercando di farli innamorare di me, mantenendo l’energia e la tensione alta, e le foto documentano questa esperienza.

É per questo che riesci a mantenere le tue foto spontanee?
A tratti è spontaneo e a tratti è costruito in maniera elaborata. Molti dei miei progetti iniziano mesi prima ricercando un tema che m’interessa. Raccolgo articoli di quotidiani, fotografie che m’ispirano, qualsiasi tipo di materiale che abbia un significato per me (artwork, still di film, foto scaricate da internet, locations, articoli di moda), poi inizia a formarsi un immaginario che in un certo modo ha a che fare con la mia ricerca e che raccolgo in un libro. Poi cerco di capire in che modo il mio immaginario possa essere ricreato in una situazione di vita reale e poi cerco persone che di solito sono miei amici che recitino per me. Ma poiché cerco sempre di spingerli psicologicamente durante il making del lavoro, c’è sempre un della spontaneità o imprevedibilità nelle loro reazioni. Le mie foto quindi sono un il risultato di uno strano psicologico evento sportivo che ho creato per me ed i miei amici.

Una delle cose che mi diverte di più nelle tue fotografie, è la costante sensazione di sessualità e d’intima gioia con essa che rivelano, le persone che fotografi sembrano essere nel loro mondo privato dove tu vi entri...
I momenti privati sono molto eccitanti per me, perchè sono quelli che non ti sono permessi vedere. Sono molto guidato dalla mia curiosità. A volte vedo qualcuno al supermercato o per strada, vorrei poterlo seguire a casa, vedere com’è la sua camera, osservarlo mentre si fa la doccia, ma non posso ed è questo ciò che m’intriga.

Mi racconti la storia dietro la tua ultima personale “My Vacation With A Kidnapper”? Hai mai avuto paura di essere rapito?
Fondamentalmente da piccolo la cosa che mi faceva più paura di ogni altra cosa era l’idea che qualcuno entrasse dalla finestra della mia camera da letto e mi rapisse. Quando avevo circa otto anni, una bambina di nome Polly Klaas è stata sequestrata in una città poco distante dalla mia. Ero terrorizzato da quella esperienza ma allo stesso ne sono rimasto ossessionato. Guardando in dietro capisco che anche se quella è stata una terribile tragedia e quelle energie nervose che provavo e che mi tenevano sveglio la notte, erano anche piacevoli. È una parte della psiche umana strana e complessa, ma credo che la paura possa essere anche euforica e così l’idea della mostra era esplorare la possibilità che qualcosa potesse essere simultaneamente una paura ed una fantasia.

Ti fa saltare i nervi scegliere la foto migliore? Combatti su quale scegliere o ti viene naturale?
Non mi fa saltare i nervi, ma scattando tanto, a volte l’editing può diventare lungo e tedioso. Ogni immagine che ho esposto alla mostra rappresenta una variante tra le 80 e le 300 immagini della stessa situazione, e poi altre 2000 che erano idee diverse che alla fine non sono state inserite. Ho scattato circa 7000 foto per la mostra Kidnapper, ma solo 12 alla fine ne ho scelte.

Se dovessi scegliere la musica perfetta per le tue fotografie cosa sceglieresti?
Amo i Nine Inch Nails. Li ho ascoltati un sacco mente stavo preparando la mia ultima mostra, eccoci a parlare di nuovo di contraddizione, Trent Reznor si è formato come pianista classico, ed alcune canzoni sono così belle e tranquille che puoi sentire quelle radici, ma poi alcune sono così aggressive che e dure che puoi sentirlo mentre le distrugge diventando una versione alternativa di se stesso.

Cos’è che trovi eccitante di Los Angeles?
Non lo so. E se lo sapessi probabilmente mi sarei già stufato e trasferito altrove. C’è qualcosa qui che mi rende curioso, eccitato e che mi fa impazzire. Adoro i tramonti inquinati, il traffico, gli attori e tutto il resto, trovo il tutto molto bello, triste ed affascinate, ma non so perchè. Per me le cose sono solo interessanti quando sono confuse, una volta capite, è il momento di muoversi. E se hai capito tutto, per me è meglio morire.

Chris Garneau - Interview/Photography



Chris Garneau cantante e compositore americano dall’animo timido e dolce canta canzoni che indugiano nella nostra mente come le scie di condensazione lasciate dagli aerei in un cielo limpido. La voce di Chris passa da un gentile sussurro ad un canto a pieni polmoni da un secondo all’altro. Music for Tourists il suo album di debutto è come un nodo in gola e come lui stesso ironicamente lo definisce è la perfetta colonna sonora da sentire in aereo mentre si sta precipitando nel vuoto.

Quando ti sei accordo di avere una voce così particolare ed hai deciso di diventare un cantante?
Ho iniziato a suonare il piano tantissimo tempo fa quando ero piccolo, ed a cantare a dodici, tredici anni cantando le mie canzoni quando suonavo il piano. Due anni più tardi al liceo ho studiato canto classico per quattro anni. Inseguito ho iniziato a scrivere musica, finché non mi sono reso conto che questo era ciò che volevo davvero fare nella mia vita.

Credo esista una grande differenza tra un turista ed un viaggiatore, mi spieghi come mai hai deciso d’intitolare il tuo album Music for Turists anziché Music for Travellers?
Tutto è iniziato come uno scherzo. Molto tempo fa ho fatto un concerto a Los Angeles in una zona molto turistica di Hollywood e qualcuno mi ha detto: “mi è piaciuto molto il tuo concerto, ma credo che dovresti suonare da qualche altra parte, questa zona è troppo turistica per la tua musica.” Gli risposi per scherzo che quella zona era perfetta perchè la mia musica era per turisti. Poi inseguito ripensando a quel concerto ho ritenuto che fosse stupido e divertente chiamare l’album Music for Turists, perchè come sai il mio album è molto depresso e tragico. Hai ragione un viaggiatore è più brillante di un turista, ma quello che m’interessava era la cognizione del viaggio, il fatto di lasciare per un periodo la propria casa, gli amici, la famiglia per un qualcosa che può essere divertente oppure deprimente e solitario, non si sa quello che puoi trovare.

È sempre per questo fatto dell’ironia che sulla copertina della versione americana dell’album c’è il disegno di un aereo che sta precipitando?
Sì è sempre per lo stesso motivo, la musica perfetta per una catastrofe aerea.

L’artwork della versione europea mi piace molto, come mai hai deciso di cambiarlo?
Il mio amico ed artista olandese Joff ha fatto l’artwork dell’album, e poichè quest’album era uscito negli States più di un anno fa, volevo che avesse un artwork diverso. Non sono mai dell’idea di mettere una mia foto in copertina, non è di mio gusto, non ho niente da dire su chi lo fa, ma io preferisco qualcosa di più concreto, creato apposta da un artista, così che quando lo tieni in mano hai la sensazione di reggere qualcosa d’autentico e speciale, inoltre avere la chance di collaborare con qualcuno che ammiri è favoloso.

Ascoltando il tuo album mi sembra di percepire dei riferimenti musicali ad artisti quali Jeff Buckley e Joanna Newsom, sei d’accordo?
Sono un grande fan di entrambi. Adoro anche la musica degli anni ’50, Nina Simone, Patsy Clein e Nico, ma la più grande influenza musicale nella mia vita, da quando avevo quattordici anni, è stato Elliot Smith.

È per questo che hai deciso di fare una la cover di Between the Bars?
Sì. Adoro quella canzone l’ho sempre suonata. Elliot Smith credo sia stato la prima persona che abbia aperto musicalmente la mia mente ed anche la mia composizione dei testi. Credo che abbia sempre avuto un’influenza costante nella mia vita. Ogni canzone che ha scritto, ogni disco che ha pubblicato è sempre stato importante per me.

Sul palco sembri una persona timida ed introversa, ma conoscendoti di persona l’effetto è totalmente diverso, come ti definiresti?
Di solito all’inizio sono abbastanza tranquillo e taciturno con le persone che non conosco, ma con chi mi conosce bene o con i miei amici faccio abbastanza lo stupido, mi piacciono ridere e scherzare. Per quanto riguarda invece la presenza sul palco non mi piace quando le persone parlano troppo, e poi sono abbastanza timido sul palco, mi piace solo suonare e cantare.

Il video del singolo Relief mi piace un sacco anche la luce ed il cast è molto cinematografico, mi parli di quella esperienza?
Due miei amici hanno girato il video insieme, loro hanno scritto la storia e l’hanno prodotto, a dire il vero io ho fatto poco per quanto riguarda il processo creativo del video, abbiamo scelto insieme la canzone, mi piacerebbe avere più credito per il video, ma alla fine ho solo recitato una parte.

Com’è stato recitare per la prima volta?
Ero abbastanza nervoso, non avevo mai fatto nulla di simile prima di quel momento, ero spaventato e poi è stato uno shooting lungo dodici ore di riprese e tutte le persone che vedi nel video sono state assunte per recitare una parte. Tutto è stato molto professionale come sul set di un vero film.

È una mia impressione o la versione di Relief del video è diversa da quella che si trova sull’album?
Il video è stato girato prima che l’album fosse finito, a dire il vero un anno prima, quindi la versione che abbiamo usato per il video è uno sketch recording per questo motivo la canzone è diversa.

Hai in programma di girare un nuovo video?
Per il nuovo album che uscirà l’anno prossimo abbiamo già girato un video e credo ne gireremo un altro durante l’estate.

Hai già il titolo per il nuovo album?
Credo s’intitolerà Hellenor.

La maggior parte delle tue canzoni sono tranquille e tristi, posso dirti che mi toccano molto quando ti ascolto mi rivelano una maliconica felicità, non hai mai avuto paura di venir frainteso da qualcuno ed essere visto come una persona depressa?
Grazie per quello che hai detto. Sai, credo che quanto si ascolta il lavoro di un musicista, o si legga ciò che una persona ha scritto, si debba sempre tenere presente che le canzoni, le poesie, qualsiasi altra cosa siano soltanto una forma d’espressione di un determinato momento, di un aspetto nella vita di un individuo o ciò che in quel preciso momento vive dentro di lui. Questo non significa assolutamente etichettare una persona solo ed esclusivamente attraverso una piccola parte che c’è data conoscere di un tutto che forse non si conoscerà mai. Quindi se mi fraintendono non è problema mio, ma loro. (ride)

Alcuni cantanti trovano più semplice scrivere canzoni d’amore quando non sono innamorati è lo stesso per te?
Alcune canzoni che ho scritto quando ero innamorato parlavano d’amore in maniera negativa, altre volte invece quando non ero innamorato lo descrivevano in maniera positiva, non saprei credo che vengo ispirato da ciò che mi accade e da ciò che mi circonda, può avvenire in qualsiasi momento. Le canzoni inoltre non sono mai il cento per cento letterali. Nel momento in cui un’idea o un’emozione che ti portano a scrivere una canzone, la maggior parte delle volte poi si trasformano in qualcos’altro, diventano astratti e variazione della realtà. Tutto dipende da una serie di fattori incontrollabili come te stesso, i tuoi sentimenti, le circostanze in cui ti trovi ed il tuo stato d’animo.

Ti riferisci spesso alla morte nei tuoi testi, in frasi come: “I should have killed you myself” oppure “I think about my friend who died”. È un modo per esorcizzarla?
Queste due canzoni a cui ti riferisci hanno davvero un significato letterale, la prima è Sad News e si riferisce ad una persona che avrei voluto uccidere veramente, ma che non ho fatto (ride), la seconda invece è We Don’t Try e parla di un mio amico morto per droga. Non so se le ho scritte per esorcizzare la morte, forse sì non ci ho mai pensato sono nate naturalmente.

C’è qualcosa oltre la musica con cui non saresti in grado di vivere senza?
Senza musica, la maggior parte del mio tempo sarebbe vuoto, posso dirti che la cosa a cui tengo di più oltre alla mia carriera sono la mia famiglia, i miei amici e i miei due gatti. Quando non faccio musica, la cosa che voglio di più è stare con le persone che amo.

Matteo Munster - Interview


“Sai, Harold, secondo me gran parte delle brutture di questo mondo viene dal fatto che della gente che è diversa permette che altra gente la consideri uguale”.
Maude dal film Harold e Maude


Matteo Munster disegna personaggi bizzarri eppure inquietantemente familiari, segnati da un senso generalizzato di solitudine che sembra appartenere agli oggetti quanto alle persone ed agli animali. Disegna isolandosi in una sorta di spavaldo cinismo e con l’esercizio quasi estenuante del sarcasmo distingue con maggiore chiarezza i contorni evanescenti della sua realtà. Trovandosi faccia a faccia con i fantasmi dei propri disagi e paure, rivela tutto il suo innato talento.


Ricordi i primi disegni che facevi da bambino?
Ho un ricordo molto forte, l'odore di vinavil e di pipì che avevo addosso, quando ho fatto il mio primo disegno all'asilo, un pomeriggio mi sono ritrovato con i pantaloni di velluto a coste larghe marroni completamente inzuppati di pipì. Mi sentivo molto in imbarazzo così sono rimasto tutto il tempo seduto su una seggiolina facendo in modo che il tavolo coprisse la macchia che avevo sui pantaloni e sperando che nessuno sentisse l'odore sgradevole che emanavo. Allora per passare il tempo ho riempito il tavolo di fogli e li ho incollati uno ad uno con il vinavil in modo da creare una grossa tela, sulla quale poi ho disegnato due cuccioli di cane che correndo su se stessi in girotondo cercavano di mordersi la coda, era un'immagine che avevo visto su un libro e mi era rimasta impressa, non so il perché. Ricordo che quando la maestra ha visto il disegno che avevo fatto, non si è nemmeno accorta di quello che avevo combinato nei pantaloni ed ha voluto incorniciarlo per poi chiamare mia mamma per farglielo vedere dicendo che era stupefatta che un bambino della mia età avesse disegnato da solo una cosa del genere. Poi però si è anche accorta di quello che avevo combinato e mi ha lasciato tutto il pomeriggio in castigo con i pantaloni bagnati. Mi è venuta pure la febbre.

Nei tuoi disegni ritrai l'immaginario infantile, creando un grottesco senso di bellezza, innocenza ed orrore allo stesso tempo. Ti sei ispirato a qualche tua ansia adolescenziale oppure a qualcos'altro?
Ogni mia esternazione grafica esprime qualcosa che ho vissuto in maniera tormentata o che mi sto accingendo a vivere nel futuro prossimo. Purtroppo la mia mente mi porta a creare delle situazioni sempre più complicate, non riesco mai a vivere in maniera semplice qualsiasi cosa. E’ sempre stata una costante del mio carattere, fin da bambino. Non sono mai riuscito a vivere o ad esternare serenamente un particolare sentimento appartenente ad un determinato momento della mia infanzia. E la cosa purtroppo o per fortuna si è sviluppata negli anni rendendomi in grado di condizionare mentalmente ogni mia singola azione.

Cos'è che ti attira di più nell'infanzia?
Vorrei vedere ogni singolo bambino felice, nel suo piccolo, mi sento in parte portavoce delle paure della parte più debole del loro carattere. Vorrei aiutarli a lottare per diventare persone forti, pur sempre sensibili e deboli perchè ritengo questi aspetti fondamentali nel carattere di una persona; utilizzando le loro paure per superarle, o per viverne altre più atroci, ma che riescono a dargli quella logica che un bambino non può avere, ma che gli è imposta in maniera brutale. Insomma, un esercito di piccoli nerds, che hanno un'amichetta maschiaccia sempre pronta a difenderli, consigliarli e farli sentire amati, pronte a colmare quelle lacune che i genitori inevitabilmente creano all'interno di qualsiasi rapporto genitore/figlio. Inoltre mi attira il lato ludico, quasi malato che i bambini hanno nell'affrontare le cose a loro proibite, che potrebbero farli stare male, ma
che devono vivere e capire per farne tesoro nelle esperienze future. È un po' come il ginocchio sbucciato, al momento ti sembra di morire, ma poi inevitabilmente la volta dopo ti ritrovi, oltre al ginocchio,il gomito sanguinante, il labbro rotto o un bernoccolo causato dall'ombrellata di un amichetto che era convinto di maneggiare una spada o le abrasioni di due bollini appiccicati sulla fronte per emulare i dispetti e le sembianze di un piccolo
diavoletto.

Ginocchia sbucciate appunto...da bambino le avevo sempre perchè correndo cadevo, e quando ho visto alcuni dei tuoi disegni e fotografie mi sono detto: " Forse anche Matteo avevo le croste sulle ginocchia..."
Croste, abrasioni, chi più ne ha più ne metta, mi divertivo molto a staccarle. Al contrario di quanto potrebbe sembrare, e di come era il mio carattere, potevo tranquillamente passare una giornata in silenzio, senza combinare assolutamente niente, per poi essere capace di far seriamente del male a me o a qualcun’altro. Non me ne accorgevo, l’ho sempre fatto in maniera istintiva, senza pensare alle conseguenze. Un giorno ho buttato volutamente per terra un mio zio, all'epoca settantenne e con un leggero handicap mentale. Sono ancora turbato da questo episodio ma oggi riesco a spiegarmela,mi dava fastidio che lui fosse sempre quello al quale andavano le attenzioni… ed io invece ero sempre il monello cattivo. Mi dispiace molto se ci penso. Pace all'anima sua.


Ci sono elementi ricorrenti nei tuoi disegni come il tuo taglio di capelli, gli occhiali, è così che vedi te stesso in alcuni momenti?
Ci sono elementi ricorrenti, mi piace usare simboli che appartengono al mio immaginario a ciò che m’interessa, legati al mio passato e al mio presente o a situazioni di fantasia, che mi piace vivere all'interno del foglio. Tracce di eventi passati, che non mi va di raccontare a parole, ma che esprimo simbolicamente attraverso un disegno. La stessa cosa la rifletto nel mio modo d’essere, mi piace disegnarmi come se fossi un personaggio della mia immaginazione. Viceversa posso partire disegnando la mia persona reale con un'estetica molto forte, a tratti estrema, che vive realmente un'esperienza bizzarra e la vuole raccontare sul foglio. È complesso come rapporto, mi va di utilizzare il mio corpo e la mia immagine come l'utilizzo che faccio con un mio personaggio. Accentuandone i difetti, rendo comici i pregi ma soprattutto non mi prendo mai sul serio. Questa secondo me è una cosa molto importante, che mi aiuta a rafforzare aspetti del mio carattere. Con molta fatica, ma io e i miei "amichetti" ci stiamo lavorando da parecchio tempo…

Non ti sei mai sentito membro del “club delle persone speciali” come nel film Fuga dalla Scuola Media?
Speciale no, ma idiota sì. Mi piace essere scovato, che la gente si accorga e che si interessi di me in maniera naturale, non forzata, come un qualcosa che è destinato ad esistere in un futuro prossimo tra mille peripezie rimanendo però spontaneo. Mi rendo conto che inevitabilmente tra "persone speciali" ci si incontra anche quando meno te lo aspetti, e possono nascere grandissime emozioni, belle o brutte che siano. Credo nella presenza di tanti individui che con le loro caratteristiche riescono a differenziarsi e a trovarsi qua e là con altri loro simili, in maniera naturale e istintiva, come quando i cani si annusano o un personaggio di un fumetto o cartone si accorge di avere dei poteri speciali e parte alla ricerca di altri suoi simili.


Forse mi prenderai per pazzo ma quando ho rivisto il film Harold e Maude, mi sei venuto in mente, ti ho rivisto in Harold per il suo amore per il grottesco, sei d'accordo con me?
Quel film è uno dei miei preferiti. Mi rivedo molto nelle caratteristiche di Harold, nell'attrazione che ha per il grottesco e per le persone più grandi, parlo di un'attrazione mentale e fisica. In qualsiasi tipo di rapporto, un po' come il protagonista del film, mi piace sentirmi la parte piccola e debole che deve essere accudita e coccolata. Sono sempre stato attratto dal rapporto che si crea inevitabilmente tra due persone diverse ma complementari, una grande, una piccola, un po' come quando i personaggi vengono raffigurati uno basso e uno alto, uno grasso e uno magro, un maschio e una femmina, uno bello e uno brutto. Ho sempre frequentato persone molto più grandi di me.

Mi diverte che nei tuoi disegni è come se ti facessi portavoce dei più deboli e dei nerd, anche se finiscono sempre male,
ti viene naturale o è intenzionale?
Mi viene naturale, ma in alcuni momenti calco volutamente la mano per vedere fin dove la mia immaginazione può arrivare e per rendere estrema e caricaturale il tutto, e far nascere degli spunti di comicità in grado di divertire chi si trova davanti al mio disegno. Mi piace trovare un lato comico nella situazione più malata e tragica della vita di un individuo, farne tesoro ed esprimerlo attraverso un pupazzo che ne porta inevitabilmente i segni addosso. Un pupazzo che agli occhi di molti difettoso mentre per altri ha un dettaglio che lo caratterizza. Punti di vista. Ecco perché la mia attenzione si focalizza sempre ed inevitabilmente difetti, che possiamo anche chiamare dettagli o caratteristiche di un individuo. Segni evidenti che si possono nascondere per stare meglio, trasformarli, ma che fondamentalmente rimangono e allora ridiamoci un po' sopra.

Se non fossi te stesso, cosa avresti fatto che invece non hai fatto
perchè sei Matteo Munster?
Avrei fatto l'illustratore di libri per bambini… E poi avrei voluto essere un papà.

Sei timido, ma nei tuoi disegni esprimi un immaginario molto forte e preciso, credi che il disegno riveli la parte più forte di te stesso?
I miei disegni o le mie immagini nascono nel momento in cui sento il bisogno di "parlare"con qualcuno e a causa della mia timidezza,preferisco esprimermi tramite il linguaggio non verbale. Mi risulta molto più semplice come cosa, la vivo come un esercizio, mi trovo davanti al foglio bianco e senton come all'inizio di un compito in classe, che tutta l'ansia che ho dentro deve uscire e sporcare la carta. È molto terapeutico, anche se mentalmente mi sfinisce non poco… È più forte di me, devo interrompere quello che sto facendo e mi butto sul foglio come se scoppiassi a piangere. L'effetto è lo stesso, ogni idea che ho in testa esce come un singhiozzo e vado avanti fino a quando non sento che pian piano quello che avevo dentro prende una forma ed un significato fermo. Alla fine mi sento molto soddisfatto, gioisco proprio come quando un bambino ha fatto un bel disegno e non vede l'ora di mostrarlo a qualcuno dopo averlo osservato e perfezionato per ore.

Orsi di peluche, orsi veri ma quando e com' è nato l'amore per questo animale?
Da quando ho scoperto di essere stato una mamma orsa polare in una vita precedente. Caratterialmente mi sento molto vicino a questo animale,e chi mi conosce bene, può confermarlo. Mi piace chiudermi nella mia tana e stare tranquillo in determinati momenti, ma mi piace anche sentirmi amato e coccolato dal mio branco, sapere che ci sarà sempre qualcuno disposto ad aiutarmi a tirar fuori tutta la mia forza. Anche perché, la mia cara amica che mi ha svelato questa cosa, mi dice sempre che interiormente ho la stessa forza distruttiva che una mamma orsa polare è in grado di tirare fuori quando vede i suoi cuccioli in pericolo. Purtroppo questa forza distruttiva faccio fatica ad incanalarla in maniera costruttiva, e finisco con il ferire me e le persone che mi stanno accanto, in maniera infantile, burbera, istintiva come un orso che è disturbato e reagisce istintivamente e questo mi fa soffrire. Esprimendomi con un disegno non faccio del male a nessuno, e rafforzo i lati più deboli del mio carattere sfidandomi e rendendo "segretamente" pubblico quello che più mi tormenta. Esorcizzo le mie paure. Mi piacciono le cose pelose in generale, mi piace passarci del tempo disegnando tratto dopo tratto calcando sul foglio spezzando di continuo la mina della matita che sto usando.

Mi dici com'è vivere nel tuo "Ghost World"?
Il mio mondo è fatto di fantasmi che appartengono al passato ed al presente.
Mi piace rivangare il passato e ritirare fuori cose che avevo sepolto per rivederle con un occhio diverso, e capire che forse non mi fanno più lo stesso effetto, per poi ricoprirle con un lenzuolo e lasciarle vagare o risotterrarle nell'attesa che riprendano vita e ricomincino a camminare nella mia stanza come degli zombie. Pian piano mi rendo conto che molti angoli che all'epoca mi risultavano spigolosi, con la consapevolezza si sono smussati. Non moriranno mai e quindi li lascio fluttuare come fantasmini o morti viventi ormai innocui, che mi aiutano a sentirmi meno solo nei momenti in cui perdo completamente il controllo della realtà. Ghost World è un fumetto che mi ha affascinato sin dalla prima volta che l'ho letto. La sua tematica, il tratto, il fatto che parli di due figure femminili. Ho sempre amato le figure femminili dal carattere forte. Fin da piccolo ho sempre disegnato e collezionato figure prevalentemente femminili, rispecchiandomi spesso nelle loro avventure e nei loro immaginari estetici. So di avere una parte del mio carattere molto femminile. Ma mi piace esternarla in maniera maschile, forte, indipendente come un personaggio che prende vita all'interno del mio corpo. È come se in un certo senso Enid vivesse dentro di me, con il lato fragile e femminile del suo carattere reso forte dal suo cinismo e dalla sua lotta alla ricerca di un qualcosa che potrà aiutarla a sentirsi realizzata. Molto spesso penso che vorrei salire anche io su quell'autobus… È difficile da spiegare a parole, ma dentro di me sento vivere insieme un bimbo triste, solo e sfigato con il carattere di una bimba monella e spero di riuscire a trasmetterlo tramite la mia persona e le mie piccole cose.


So che detesti gli aerei e le persone che parlano troppo, per che cosa saresti disposto a fare 12 ore di volo, con una persona accanto che parla per tutto il viaggio ininterrottamente?
L'aereo ultimamente sta diventando una delle mie fobie più grosse e mi sento molto limitato da questo. Mi sforzo di prenderlo, ma ogni volta è come se fosse la prima, la ricollego forse all'ansia che ho sempre manifestato per "la prima volta" d’ogni cosa. 12 ore sarebbero veramente lunghe. Penso che la persona che continuerebbe a parlare sarei io, per potermi distrarre e non concentrarmi su tutti i rumori che la mia suggestione mi creerebbe nella mente. Non consiglierei a nessuno di volare accanto a me per 12 ore. Potrà sembrare paradossale, ma quella per disastro aereo è una forma di morte, insieme a quella per annegamento, soffocamento, o attacco di squalo, che più mi fa tornare a contatto con la realtà e distrugge tutti i mille orpelli che disegno intorno alla visione particolare che ho della morte. Non so, mi sembra sempre, quando sono all'interno d’un aereo, che tutto sia così maledettamente reale e vicino a quello che la mia mente sta macinando in quel momento, come un bambino che ha paura di una punizione che gli sta per arrivare…è terribile! Sono cose che mi fanno pensare: cavoli, adesso sì che sono realmente vulnerabile. Molti miei personaggi muoiono, è un modo per esorcizzare la mia concezione di morte e allora penso, forse dovrei affrontare un volo di 12 ore disegnandomi nel bel mezzo di una catastrofe aerea e lanciarmi con un paracadute per atterrare nelle braccia di un morbido orsetto. Mi accorgo anche di non avere risposto
a quello che mi chiedevi...anche perché su un volo di 12 ore non ci salirò MAI! A meno che non ci sia dall'altra parte dell'emisfero una tutona da orso come dico io, lì ad aspettarmi e per andare dove soprattutto?