sabato 23 giugno 2012

SIMEN JOHAN - Interview



Ricordo che era il 2003 la prima volta che ho visto dei lavori di Johan, con la sua serie Evidence of the Things Unseen. Poi è venuta la serie di lavori Until the Kingdom Comes, raccolta che si sviluppa negli anni. Ho aspettato ad intervistarlo perchè volevo vedere come avrebbe portato avanti il progetto ed ora, dopo circa sei anni, è giunto il momento. Quello che ho capito è che Johan offre un altro modo di vedere la natura, quella che non vedremo mai e poi mai su Discovery Channel. Quella dell’artista norvegese è una natura misteriosa, in trasformazione, a tratti apocalittica, malvagia e fragile dove gli animali potrebbero provare emozioni umane, come nella foto in cui una coppia di volpi sembra piangere sotto una tempesta di neve. Johan scatta prima le fotografie degli animali, allo zoo, nelle riserve naturali, nei musei o nel suo studio e poi altera digitalmente il loro habitat, ricollocandoli in altri scenari fotografati in precedenza; strati su strati creando una madre natura in bilico tra il reale, il fantastico, il grottesco e l’incubo. Sovrapposizione di ecosistemi che evocano un mondo in cui l'intervento umano ha confuso tutti i confini naturali allo scopo di dare un valore ad una realtà a tratti incomprensibile e mortale, dopo tutto siamo tutti animali.


Sei originario della Svezia, poi ti sei trasferito a NY. Persone svedesi che conosco hanno un grande rapporto con la natura e gli animali, come se fosse innato nel loro DNA. Guardando il tuo lavoro mi sembra che tu abbia la stessa connessione, cosa ne pensi?
In realtà sono norvegese, ma sono cresciuto in Svezia. Penso che i norvegesi siano più legati alla natura degli svedesi. Fanno escursioni per tutto il tempo e la maggior parte delle famiglie ha dei cottage da qualche parte sparsi nella natura, dove trascorrono le loro vacanze. Non mi è mai piaciuto fare escursioni o crescere circondato dalla natura ed ho sempre sognato di trasferirmi in una grande città. Ecco come sono finito col trasferirmi a New York all'età di diciannove anni. Dopo vent’anni qui a New York ora mi piace trascorrere del tempo nella natura, e ci vado spesso.
Sono sempre molto colpito quando guardo una tua fotografia, c'è così tanto in essa, fantasia, realtà, emozioni mistero, ed animali meravigliosi, ma c'è sempre qualcosa che evoca, dal mio punto di vista un lato oscuro? Che ne pensi?
La vita come noi la sperimentiamo è in gran parte plasmata da fantasie ideali con la loro parte di incubo. Le fantasie ci danno un senso di realtà completa e piena, rendono il mondo più piccolo e meno spaventosamente grande. Le nostre fantasie, però, sono sempre sotto minaccia di essere esposte per le illusioni che sono. Ciò che veramente "è" può essere percepito quando la mente è in silenzio, senza giudizio, sequestro o resistenza, ma non potrà mai essere intellettualmente capito o spiegato. L'esperienza di vita che sono interessato a catturare nel mio lavoro è questo cammino incerto tra le strutture opposte della fantasia, le realtà instabili che costruiamo per noi stessi o che sono state costruite per noi e ciò che realmente "è".
Potresti dirmi qualcosa circa la tecnica del tuo lavoro?
Fotografo gli animali che vivono per lo più in giardini zoologici, aziende agricole, o in natura per poi collocarli in scenari appropriati. Sono appena stato in Alaska a fotografare dei buoi muschiati ed ora sono in California per un mese, dove sto trascorrendo il mio tempo guidando in giro. Vorrei anche visitare un santuario del lupo qui nelle vicinanze. Non sono ancora sicuro di quello che sto facendo. So che lo capirò quando tornerò a New York ed inizierò a passare in rassegna le immagini che ho catturato.
Quello che mi piace del tuo lavoro è che se si osserva velocemente potrebbe sembrare che ciò che hai fotografato sia realmente accaduto e tu lo hai semplicemente documentato, ma se presti attenzione si capisce che è come un quadro pieno di dettagli.
Lavoro su ogni immagine per lungo tempo.
Qual è la cosa che ami di più e di meno del nostro mondo?
Di più: l’amore. Di meno: la paura.
Dove di solito ha origine l'idea di tua creazione?
Dalla mia esperienza, nel vivere come un essere umano conflittuale in un mondo paradossale.
È come se ci fosse sempre una dicotomia nella tua immagine tra due opposti, stai cercando di rimetterli insieme nei tuoi lavori?
Il mondo è costituito da due poli opposti e il mio lavoro è un riflesso di esso. La dualità è importante. Cosa t’ispira di più?
La vita.
Qual è il messaggio che si desidera conseguire con le tue immagini e le sculture di animali?
Sto solo riflettendo ed esplorando. Non hanno veramente un messaggio specifico.
La tua ultima serie esposta in galleria era intitolata Until The Kingdom Come, potresti dirmi qualcosa sul concetto di quella serie? Come si è sviluppata nella tua mente?
Non ho mai concepito un'immagine nella mia mente prima di crearla, si evolve nel tempo. Il titolo, Until the Kingdom Comes, si riferisce meno ai regni religiosi o naturali e più alla fantasia umana che un giorno, in qualche modo, la vita arriverà ad una risoluzione felice.
Le immagini a volte evocano un’atmosfera apocalittica, come vedi il nostro futuro?
Le cose hanno un modo di evolversi sempre al meglio. Nel mio lavoro post apocalittico intravedo dei punti con il nostro inevitabile annientamento. Alla fine facciamo parte di questo universo, non siamo separati da esso, quindi in questo senso siamo per sempre.
Hai alcuni pensieri inquietanti?
Ogni giorno, ma sto migliorando ad individuarli come le illusioni per cui si rivelano sempre.

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