venerdì 13 giugno 2008
Matteo Munster - Interview
“Sai, Harold, secondo me gran parte delle brutture di questo mondo viene dal fatto che della gente che è diversa permette che altra gente la consideri uguale”.
Maude dal film Harold e Maude
Matteo Munster disegna personaggi bizzarri eppure inquietantemente familiari, segnati da un senso generalizzato di solitudine che sembra appartenere agli oggetti quanto alle persone ed agli animali. Disegna isolandosi in una sorta di spavaldo cinismo e con l’esercizio quasi estenuante del sarcasmo distingue con maggiore chiarezza i contorni evanescenti della sua realtà. Trovandosi faccia a faccia con i fantasmi dei propri disagi e paure, rivela tutto il suo innato talento.
Ricordi i primi disegni che facevi da bambino?
Ho un ricordo molto forte, l'odore di vinavil e di pipì che avevo addosso, quando ho fatto il mio primo disegno all'asilo, un pomeriggio mi sono ritrovato con i pantaloni di velluto a coste larghe marroni completamente inzuppati di pipì. Mi sentivo molto in imbarazzo così sono rimasto tutto il tempo seduto su una seggiolina facendo in modo che il tavolo coprisse la macchia che avevo sui pantaloni e sperando che nessuno sentisse l'odore sgradevole che emanavo. Allora per passare il tempo ho riempito il tavolo di fogli e li ho incollati uno ad uno con il vinavil in modo da creare una grossa tela, sulla quale poi ho disegnato due cuccioli di cane che correndo su se stessi in girotondo cercavano di mordersi la coda, era un'immagine che avevo visto su un libro e mi era rimasta impressa, non so il perché. Ricordo che quando la maestra ha visto il disegno che avevo fatto, non si è nemmeno accorta di quello che avevo combinato nei pantaloni ed ha voluto incorniciarlo per poi chiamare mia mamma per farglielo vedere dicendo che era stupefatta che un bambino della mia età avesse disegnato da solo una cosa del genere. Poi però si è anche accorta di quello che avevo combinato e mi ha lasciato tutto il pomeriggio in castigo con i pantaloni bagnati. Mi è venuta pure la febbre.
Nei tuoi disegni ritrai l'immaginario infantile, creando un grottesco senso di bellezza, innocenza ed orrore allo stesso tempo. Ti sei ispirato a qualche tua ansia adolescenziale oppure a qualcos'altro?
Ogni mia esternazione grafica esprime qualcosa che ho vissuto in maniera tormentata o che mi sto accingendo a vivere nel futuro prossimo. Purtroppo la mia mente mi porta a creare delle situazioni sempre più complicate, non riesco mai a vivere in maniera semplice qualsiasi cosa. E’ sempre stata una costante del mio carattere, fin da bambino. Non sono mai riuscito a vivere o ad esternare serenamente un particolare sentimento appartenente ad un determinato momento della mia infanzia. E la cosa purtroppo o per fortuna si è sviluppata negli anni rendendomi in grado di condizionare mentalmente ogni mia singola azione.
Cos'è che ti attira di più nell'infanzia?
Vorrei vedere ogni singolo bambino felice, nel suo piccolo, mi sento in parte portavoce delle paure della parte più debole del loro carattere. Vorrei aiutarli a lottare per diventare persone forti, pur sempre sensibili e deboli perchè ritengo questi aspetti fondamentali nel carattere di una persona; utilizzando le loro paure per superarle, o per viverne altre più atroci, ma che riescono a dargli quella logica che un bambino non può avere, ma che gli è imposta in maniera brutale. Insomma, un esercito di piccoli nerds, che hanno un'amichetta maschiaccia sempre pronta a difenderli, consigliarli e farli sentire amati, pronte a colmare quelle lacune che i genitori inevitabilmente creano all'interno di qualsiasi rapporto genitore/figlio. Inoltre mi attira il lato ludico, quasi malato che i bambini hanno nell'affrontare le cose a loro proibite, che potrebbero farli stare male, ma
che devono vivere e capire per farne tesoro nelle esperienze future. È un po' come il ginocchio sbucciato, al momento ti sembra di morire, ma poi inevitabilmente la volta dopo ti ritrovi, oltre al ginocchio,il gomito sanguinante, il labbro rotto o un bernoccolo causato dall'ombrellata di un amichetto che era convinto di maneggiare una spada o le abrasioni di due bollini appiccicati sulla fronte per emulare i dispetti e le sembianze di un piccolo
diavoletto.
Ginocchia sbucciate appunto...da bambino le avevo sempre perchè correndo cadevo, e quando ho visto alcuni dei tuoi disegni e fotografie mi sono detto: " Forse anche Matteo avevo le croste sulle ginocchia..."
Croste, abrasioni, chi più ne ha più ne metta, mi divertivo molto a staccarle. Al contrario di quanto potrebbe sembrare, e di come era il mio carattere, potevo tranquillamente passare una giornata in silenzio, senza combinare assolutamente niente, per poi essere capace di far seriamente del male a me o a qualcun’altro. Non me ne accorgevo, l’ho sempre fatto in maniera istintiva, senza pensare alle conseguenze. Un giorno ho buttato volutamente per terra un mio zio, all'epoca settantenne e con un leggero handicap mentale. Sono ancora turbato da questo episodio ma oggi riesco a spiegarmela,mi dava fastidio che lui fosse sempre quello al quale andavano le attenzioni… ed io invece ero sempre il monello cattivo. Mi dispiace molto se ci penso. Pace all'anima sua.
Ci sono elementi ricorrenti nei tuoi disegni come il tuo taglio di capelli, gli occhiali, è così che vedi te stesso in alcuni momenti?
Ci sono elementi ricorrenti, mi piace usare simboli che appartengono al mio immaginario a ciò che m’interessa, legati al mio passato e al mio presente o a situazioni di fantasia, che mi piace vivere all'interno del foglio. Tracce di eventi passati, che non mi va di raccontare a parole, ma che esprimo simbolicamente attraverso un disegno. La stessa cosa la rifletto nel mio modo d’essere, mi piace disegnarmi come se fossi un personaggio della mia immaginazione. Viceversa posso partire disegnando la mia persona reale con un'estetica molto forte, a tratti estrema, che vive realmente un'esperienza bizzarra e la vuole raccontare sul foglio. È complesso come rapporto, mi va di utilizzare il mio corpo e la mia immagine come l'utilizzo che faccio con un mio personaggio. Accentuandone i difetti, rendo comici i pregi ma soprattutto non mi prendo mai sul serio. Questa secondo me è una cosa molto importante, che mi aiuta a rafforzare aspetti del mio carattere. Con molta fatica, ma io e i miei "amichetti" ci stiamo lavorando da parecchio tempo…
Non ti sei mai sentito membro del “club delle persone speciali” come nel film Fuga dalla Scuola Media?
Speciale no, ma idiota sì. Mi piace essere scovato, che la gente si accorga e che si interessi di me in maniera naturale, non forzata, come un qualcosa che è destinato ad esistere in un futuro prossimo tra mille peripezie rimanendo però spontaneo. Mi rendo conto che inevitabilmente tra "persone speciali" ci si incontra anche quando meno te lo aspetti, e possono nascere grandissime emozioni, belle o brutte che siano. Credo nella presenza di tanti individui che con le loro caratteristiche riescono a differenziarsi e a trovarsi qua e là con altri loro simili, in maniera naturale e istintiva, come quando i cani si annusano o un personaggio di un fumetto o cartone si accorge di avere dei poteri speciali e parte alla ricerca di altri suoi simili.
Forse mi prenderai per pazzo ma quando ho rivisto il film Harold e Maude, mi sei venuto in mente, ti ho rivisto in Harold per il suo amore per il grottesco, sei d'accordo con me?
Quel film è uno dei miei preferiti. Mi rivedo molto nelle caratteristiche di Harold, nell'attrazione che ha per il grottesco e per le persone più grandi, parlo di un'attrazione mentale e fisica. In qualsiasi tipo di rapporto, un po' come il protagonista del film, mi piace sentirmi la parte piccola e debole che deve essere accudita e coccolata. Sono sempre stato attratto dal rapporto che si crea inevitabilmente tra due persone diverse ma complementari, una grande, una piccola, un po' come quando i personaggi vengono raffigurati uno basso e uno alto, uno grasso e uno magro, un maschio e una femmina, uno bello e uno brutto. Ho sempre frequentato persone molto più grandi di me.
Mi diverte che nei tuoi disegni è come se ti facessi portavoce dei più deboli e dei nerd, anche se finiscono sempre male,
ti viene naturale o è intenzionale?
Mi viene naturale, ma in alcuni momenti calco volutamente la mano per vedere fin dove la mia immaginazione può arrivare e per rendere estrema e caricaturale il tutto, e far nascere degli spunti di comicità in grado di divertire chi si trova davanti al mio disegno. Mi piace trovare un lato comico nella situazione più malata e tragica della vita di un individuo, farne tesoro ed esprimerlo attraverso un pupazzo che ne porta inevitabilmente i segni addosso. Un pupazzo che agli occhi di molti difettoso mentre per altri ha un dettaglio che lo caratterizza. Punti di vista. Ecco perché la mia attenzione si focalizza sempre ed inevitabilmente difetti, che possiamo anche chiamare dettagli o caratteristiche di un individuo. Segni evidenti che si possono nascondere per stare meglio, trasformarli, ma che fondamentalmente rimangono e allora ridiamoci un po' sopra.
Se non fossi te stesso, cosa avresti fatto che invece non hai fatto
perchè sei Matteo Munster?
Avrei fatto l'illustratore di libri per bambini… E poi avrei voluto essere un papà.
Sei timido, ma nei tuoi disegni esprimi un immaginario molto forte e preciso, credi che il disegno riveli la parte più forte di te stesso?
I miei disegni o le mie immagini nascono nel momento in cui sento il bisogno di "parlare"con qualcuno e a causa della mia timidezza,preferisco esprimermi tramite il linguaggio non verbale. Mi risulta molto più semplice come cosa, la vivo come un esercizio, mi trovo davanti al foglio bianco e senton come all'inizio di un compito in classe, che tutta l'ansia che ho dentro deve uscire e sporcare la carta. È molto terapeutico, anche se mentalmente mi sfinisce non poco… È più forte di me, devo interrompere quello che sto facendo e mi butto sul foglio come se scoppiassi a piangere. L'effetto è lo stesso, ogni idea che ho in testa esce come un singhiozzo e vado avanti fino a quando non sento che pian piano quello che avevo dentro prende una forma ed un significato fermo. Alla fine mi sento molto soddisfatto, gioisco proprio come quando un bambino ha fatto un bel disegno e non vede l'ora di mostrarlo a qualcuno dopo averlo osservato e perfezionato per ore.
Orsi di peluche, orsi veri ma quando e com' è nato l'amore per questo animale?
Da quando ho scoperto di essere stato una mamma orsa polare in una vita precedente. Caratterialmente mi sento molto vicino a questo animale,e chi mi conosce bene, può confermarlo. Mi piace chiudermi nella mia tana e stare tranquillo in determinati momenti, ma mi piace anche sentirmi amato e coccolato dal mio branco, sapere che ci sarà sempre qualcuno disposto ad aiutarmi a tirar fuori tutta la mia forza. Anche perché, la mia cara amica che mi ha svelato questa cosa, mi dice sempre che interiormente ho la stessa forza distruttiva che una mamma orsa polare è in grado di tirare fuori quando vede i suoi cuccioli in pericolo. Purtroppo questa forza distruttiva faccio fatica ad incanalarla in maniera costruttiva, e finisco con il ferire me e le persone che mi stanno accanto, in maniera infantile, burbera, istintiva come un orso che è disturbato e reagisce istintivamente e questo mi fa soffrire. Esprimendomi con un disegno non faccio del male a nessuno, e rafforzo i lati più deboli del mio carattere sfidandomi e rendendo "segretamente" pubblico quello che più mi tormenta. Esorcizzo le mie paure. Mi piacciono le cose pelose in generale, mi piace passarci del tempo disegnando tratto dopo tratto calcando sul foglio spezzando di continuo la mina della matita che sto usando.
Mi dici com'è vivere nel tuo "Ghost World"?
Il mio mondo è fatto di fantasmi che appartengono al passato ed al presente.
Mi piace rivangare il passato e ritirare fuori cose che avevo sepolto per rivederle con un occhio diverso, e capire che forse non mi fanno più lo stesso effetto, per poi ricoprirle con un lenzuolo e lasciarle vagare o risotterrarle nell'attesa che riprendano vita e ricomincino a camminare nella mia stanza come degli zombie. Pian piano mi rendo conto che molti angoli che all'epoca mi risultavano spigolosi, con la consapevolezza si sono smussati. Non moriranno mai e quindi li lascio fluttuare come fantasmini o morti viventi ormai innocui, che mi aiutano a sentirmi meno solo nei momenti in cui perdo completamente il controllo della realtà. Ghost World è un fumetto che mi ha affascinato sin dalla prima volta che l'ho letto. La sua tematica, il tratto, il fatto che parli di due figure femminili. Ho sempre amato le figure femminili dal carattere forte. Fin da piccolo ho sempre disegnato e collezionato figure prevalentemente femminili, rispecchiandomi spesso nelle loro avventure e nei loro immaginari estetici. So di avere una parte del mio carattere molto femminile. Ma mi piace esternarla in maniera maschile, forte, indipendente come un personaggio che prende vita all'interno del mio corpo. È come se in un certo senso Enid vivesse dentro di me, con il lato fragile e femminile del suo carattere reso forte dal suo cinismo e dalla sua lotta alla ricerca di un qualcosa che potrà aiutarla a sentirsi realizzata. Molto spesso penso che vorrei salire anche io su quell'autobus… È difficile da spiegare a parole, ma dentro di me sento vivere insieme un bimbo triste, solo e sfigato con il carattere di una bimba monella e spero di riuscire a trasmetterlo tramite la mia persona e le mie piccole cose.
So che detesti gli aerei e le persone che parlano troppo, per che cosa saresti disposto a fare 12 ore di volo, con una persona accanto che parla per tutto il viaggio ininterrottamente?
L'aereo ultimamente sta diventando una delle mie fobie più grosse e mi sento molto limitato da questo. Mi sforzo di prenderlo, ma ogni volta è come se fosse la prima, la ricollego forse all'ansia che ho sempre manifestato per "la prima volta" d’ogni cosa. 12 ore sarebbero veramente lunghe. Penso che la persona che continuerebbe a parlare sarei io, per potermi distrarre e non concentrarmi su tutti i rumori che la mia suggestione mi creerebbe nella mente. Non consiglierei a nessuno di volare accanto a me per 12 ore. Potrà sembrare paradossale, ma quella per disastro aereo è una forma di morte, insieme a quella per annegamento, soffocamento, o attacco di squalo, che più mi fa tornare a contatto con la realtà e distrugge tutti i mille orpelli che disegno intorno alla visione particolare che ho della morte. Non so, mi sembra sempre, quando sono all'interno d’un aereo, che tutto sia così maledettamente reale e vicino a quello che la mia mente sta macinando in quel momento, come un bambino che ha paura di una punizione che gli sta per arrivare…è terribile! Sono cose che mi fanno pensare: cavoli, adesso sì che sono realmente vulnerabile. Molti miei personaggi muoiono, è un modo per esorcizzare la mia concezione di morte e allora penso, forse dovrei affrontare un volo di 12 ore disegnandomi nel bel mezzo di una catastrofe aerea e lanciarmi con un paracadute per atterrare nelle braccia di un morbido orsetto. Mi accorgo anche di non avere risposto
a quello che mi chiedevi...anche perché su un volo di 12 ore non ci salirò MAI! A meno che non ci sia dall'altra parte dell'emisfero una tutona da orso come dico io, lì ad aspettarmi e per andare dove soprattutto?
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