domenica 11 gennaio 2009

Lovvers - Photography



Jared Buckhiester - Interview



Jared Buckhiester, vive e lavora a New York, ma è cresciuto in una comunità Battista a Dahlonega, viciono alle montagne della Georgia del nord. Il talento di Jared è tangibile nei suoi disegni, nelle sue sculture e nei suoi filmati. I suoi disegni sono su carta ed evocano un mondo fatto da simbolismo, allusioni e informazioni narrative. Giovani androgeni, effeminati abitano questo mondo assurdamente bello in momenti di privata emancipazione, istruzione morale e iniziazione teologica. Le immagini che propone sono ironiche, provocative e riflettono la ribellione dell’artista contro posizioni autoritarie e la convenzionalità. La sua capacità di combinare un realismo fotografico ad un idealismo raffinato suggerisce il mistero che si cela dietro a fatti visibili e alle facciate.

Sei cresciuto a Dahlonega in Georgia in una comunità Battista, quanto di questo particolare background pensi abbia influenzato i tuoi lavori?
La religione ed il paesaggio possono portare qualcuno sensibile, nato in quel background a percorrere certe strade. Io ho esorcizzato tutto questo attraverso i miei lavori.

Quindi andavi spesso in chiesa quando eri piccolo?
Sì.

Hai qualche particolare ricordo di quel periodo?
Non in particolare, credo esistano modi peggiori per essere mal consigliato, tutto sommato è stata un infanzia serena con bei momenti.

I tuoi disegni trasmettono emozioni umane dell’essere giovane, qualcosa che un qualsiasi bambino possa aver provato nella sua adolescenza. Quanto delle tue esperienze personali porti nei tuoi lavori?
Quello che deriva dalle mie esperienze personali si limita principalmente alle circostanze, cerco poi di non apportare alcun imbellimento artistico.

Intimità, vulnerabilità e minaccia compaiono in alcuni tuoi lavori, ma alla fine queste sensazioni non sono mai spaventose, è come se ci fosse un lato ironico sotto la realtà che rappresenti...
Certamente dipende dal lavoro, per esempio nella maggior parte dei disegni della serie “Come all ye Faithfull” mi sono reso conto che un lavoro era terminato nel momento in cui appariva un elemento o un dettaglio che mi facesse ridere forte e non che mi facesse ridere di. L’importante per me è creare un senso di normalità ed accettazione riguardo alla scena o al soggetto disegnato.

Credi che i tuoi lavori siano indirizzati ad una presa di coscienza sociale ed individuale?
Credo che le persone che io disegno stanno arrivando ad un punto d’accettazione di se stesse, che in un certo senso trascende l’accettazione sociale.

E tu esattamente quando ti sei accettato ed hai fatto il coming out?
Probabilmente circa otto anni fa, ora ho 31 anni.

Alcuni dei tuoi disegni comunicano sessualità, da dove è nata l’idea di rappresentare certi momenti?
Credo che le situazioni che rappresento in alcuni miei disegni siano abbastanza dettagliate e personali, preferisco non commentarli per non influenzare le persone a riguardo, spero che qualcuno sia in grado di riflettersi in essi.

Comunque noto una certa maturità nel modo in cui rappresenti in modo intimo e vulnerabile alcuni situazioni pre adolescenziali di questi ragazzi, senza finire col rappresentarli in vecchi clichè...
Questa è una cosa molto bella da sentirsi dire. Sono contento di comunicare qualcosa a cui è possibile relazionarsi.

Come mai i ragazzi che disegni indossano spesso delle maschere?
Quando li ho fatti lo scopo non era assolutamente quello del nascondersi, tutto era più incentrato sul concetto di un gioco creativo senza inibizioni, dove ognuno poteva essere e fare ciò che voleva.

Cosa consideri erotico?
Kurt Russell nel film La Cosa.

Anche la violenza è un elemento che ripercorre i tuoi disegni, durante la tua adolescenza ti sentivi più la vittima o il carnefice?
Forse più il carnefice che attacca dall’interno e da cui ci si può liberare soltanto con la morte...

Il fatto che tu disegni con la matita e colori tenui rende il tutto più nostalgico e leggero, forse perchè dei colori più accesi avrebbero reso i disegni troppo pulp?
Non necessariamente, perchè colori come quelli di Paul Cadmus non sono pulp, è solo che io non ho ancora trovato quei colori.

Hai già deciso quale sarà il soggetto dei tuoi prossimi lavori?
Non so ancora quale sarà il soggetto dei miei prossimi lavori. So che voglio approfondire l’utilizzo della ceramica. Generalmente i soggetti mi appaiono nel momento in cui inizio a lavorare.

Alla tua ultima mostra a New York le tue sculture in ceramica mi hanno profondamente colpito, quand’è che hai iniziato ad interessarti di ceramica?
Nel febbraio 2007.

Che tipo di persona è Jared Buckhiester?
Direi non semplice.

Che cosa ti piace fare quando non fai arte?
Nuotare, l’acqua fredda è la mia preferita, ballare la musica techno anni novanta, la cunty house e l’italo disco, leggere romanzi gotici, film horror e dormire.

C’è qualche regalo che hai sempre desiderato trovare sotto l’albero di Natale ma che non hai ancora trovato?
Una moto da cross, la desidero da quando avevo 8 anni

Iglu & Hartly - Photography


Late of the Pier - Photography





domenica 14 dicembre 2008

lunedì 1 dicembre 2008

giovedì 6 novembre 2008

Ryan Pfluger - Interview


Ryan Pfluger nato nel 1984, è un giovane fotografo americano che vive a Brooklyn, nei suoi lavori, sia quelli artistici che quelli commissionati dalle riviste, focalizza la sua attenzione sui ritratti di giovani ragazzi. Il leitmotif di Ryan sono i rapporti interpersonali; famigliari, d’amicizia e di sesso. Le sue fotografie sono il mezzo con cui riesce ad allacciare rapporti con questi soggetti, che altrimenti rimarrebbero incompiuti per la sua timidezza trasformandoli in qualcosa d’intimamente reale e tangibile.

Ti ricordi quando hai comprato la tua prima macchina fotografica ed hai iniziato a fare foto?
Ricordo di averla comprata quando ero matricola all’università, quell’anno sarei andato in Australia per sei settimane e volevo una macchina fotografica con me. Sono diventato più serio e determinato verso la fotografia circa un anno dopo.

Quindi è stato in quell’anno in cui ti sei accorto che la fotografia sarebbe diventata il tuo mezzo d’espressione?
Sto ancora scoprendo il modo di esprimere me stesso, è un processo continuativo, ho capito che la fotografia è diventata il mio sfogo costante nell’affrontare rapporti e tematiche molto importanti per me.

Uno dei tuoi progetti si chiama “Not Without My Father”, da dove è nata questa idea e com’è il rapporto con tuo padre?
Il progetto è nato da un commento che mi ha fatto Collier Schoor, che era uno dei miei professori di laurea. Mi disse, che il mio lavoro era troppo sicuro e che avrei dovuto fotografare un soggetto che sentissi scomodo. Non avevo un buon rapporto con mio padre, quindi quel progetto è stato per me il modo per coltivare un rapporto con lui.

Mi piace il modo in cui fotografi i giovani, perchè sembrano persone che frequenti. Sei in grado di immortalarli nei loro momenti più intimi, portando chi osserva le tue foto a voler sapere più di loro.
Questo accade perchè questi ragazzi sono quelli che frequento nella vita di tutti i giorni e le mie fotografie sono il mio modo di superare il mio essere socialmente impacciato. Rappresentano, infatti, il mio legame con queste persone a cui altrimenti non riuscirei a relazionarmi, invece fotografandole ci viene offerto qualcosa in comune, che è solo tra noi.

Ma come fai a renderti conto quando è l’istante giusto per scattare e fermare questo momento d’intimità?
Credo che l’essere completamente tranquillo quando fotografo, mi aiuti ad essere completamente conscio del momento in cui scattare, do solo alcune piccole direzioni a chi posa per me. Le mie fotografie sono la rappresentazione dell’esperienza che queste persone provano nel trovarsi da sole con me e con la mia macchina fotografica.

È per questo che alcuni pensano che tu abbia un rapporto sessuale con le persone che fotografi...
E ciò non mi da alcun fastidio, ciò non significa che io non abbia avuto dei rapporti, prima o dopo, con alcune persone che ho fotografato. Col fatto che ho fotografato molte persone è naturale per me che con alcune di loro ci sia andato a letto, anche se non con la maggioranza di loro, e a dire il vero in seguito non è che ci sia poi questa grande interazione.

Hai fatto anche molti editoriali di moda, come artista hai mai sentito dei limiti nel momento in cui scattavi questi servizi, oppure non te ne importava ed hai sempre fatto come ti piaceva?
Ho scattato quei redazionali perchè è ciò che mi piace fare; fotografare. Che sia per una rivista, per una mostra in una galleria o per me stesso, non mi pongo mai dei limiti. Voglio solo che la gente veda ciò che faccio. Mi rendo anche conto che molte persone non vanno a vedere le mostre, ma sfogliano una rivista e o visitano siti web. Per me ciò che conta è fotografare e mostrare ad altri i miei lavori.

Sarebbe bello poter vedere le tue foto in un libro, quando pensi saremo in grado di acquistarne uno?
Probabilmente a febbraio, è in lavorazione un libro d’arte in edizione limitata, e spero anche di riuscire a pubblicare un lavoro monografico l’anno prossimo.

Abiti a Brooklyn, cos’è che ti piace di più nel vivere in quella zona di New York?
Sono cresciuto qui e sarà sempre per me il posto che io chiamo casa. È questa la cosa che mi piace di più di Brooklyn il fatto che mi fa sentire a casa. Inoltre adoro l’enorme quantità di persone che vivono a New York e continuo ad incontrare e vedere volti che voglio fotografare.

A cosa stai lavorando al momento?
Sto lavorando ad un nuovo progetto fotografando photo editor, curatori e commercianti di New York. Il progetto si chiama Edited e verrà esposto a marzo nella mia galleria. Riguarda il cambio di ruoli con coloro che prendono le decisioni nella fotografia contemporanea, mettendoli sotto il microscopio e facendogli rinunciare al loro controllo e mostrando così anche un lato più intimo delle loro vite.

Cosa fai quando non fotografi?
Guardo molta televisione e film, sono ossessionato dalla cultura popolare, mi piace un sacco anche stare all’aperto e viaggiare, cerco di lasciare New York ogni tre o quattro mesi per liberare la mente, valutare i miei lavori e divertirmi nell’essere vivo.

Dove trovi l’ispirazione per i tuoi lavori?
Onestamente le persone in generale m’ispirano. È per questo motivo che faccio maggiormente ritratti. Ci sono anche un sacco di fotografi contemporanei ed artisti con cui ho dei legami e che mi spingono a voler continuare come fotografo. Anche viaggiare in posti diversi incontrando nuove persone che mi danno nuovi input su ciò che sto facendo sono fonte d’ispirazione per me.

Mi divertono i tatuaggi che hai sul corpo, quando hai iniziato a farli? Ne hai uno che ha un significato particolare per te?
Amo moltissimo il corpo e mettere il proprio marchio su ciò che naturalmente ti è stato dato m’interessa davvero. Tutti i miei tatuaggi hanno una loro storia o scherzo a riguardo. I due che ho sul petto sono un omaggio ai miei due film preferiti Squola di Mostri e Mullholand Drive.

C’è una persona per cui moriresti pur di fotografarla?
Oddio troppi! Anche se al top della lista ci sono Mila Jovovich e Cecile de France.