sabato 25 giugno 2011
Jon Claytor - Interview
I quadri di Jon Claytor sono carichi di tensione cinematica, inseriti in un contesto naturale e scarno, sono ricchi di emozioni. I loro protagonisti sono per la maggior parte bambini ed adolescenti che sembra abbiano interrotto momentaneamente qualsiasi cosa stessero facendo per essere immortalati da Jon. L’abilità del pittore è quella di essere stato in grado non solo di mettere in pausa questo momento, ma di rivelarci tutto quello che sta accadendo all’interno di questi protagonisti, svelandoci i loro stati d’animo; impazienti, vulnerabili ed innocenti.
Il rapporto con la natura è sempre stato un elemento importante nella vita di Jon, ecco perchè anche gli animali, soprattutto gli orsi, sono spesso presentati nelle sue opere, come se l’artista si riconoscesse come uno di loro. Mi racconti qualcosa del
tuo background?
Ho appena compiuto trentanove anni e mi sono trasferito di recente da New Brunswick, una piccola cittadina, a Toronto dove vivo con la mia sexy fidanzata e cinque figli. La mia giovinezza l’ho trascorsa attraversando lo Stato con i miei genitori. Mio padre è un biologo così abbiamo trascorso diverse estati nella natura selvaggia in tenda, mentre lui contava tutte le cose che vivevano nei fiumi. Mia madre mi ha insegnato a fare dei giocattoli con i rami e a volte guardavamo gli orsi mentre “scaricavano”. Anni dopo sono diventato una sorta d’artista. Ho esposto da L.A. ad Halifaz e la mia più recente mostra l’ho fatta a Tel Aviv nel giugno 2010, si chiamava Small Adults.
Da dove viene la tua passione per la pittura? È qualcosa a cui ti sei avvicinato da solo o qualcuno ti ha introdotto a questo mondo?
Mia madre era una pittrice ed una brava disegnatrice. Poteva disegnare come un angelo. Aveva un’ardente passione per l’arte e i suoi disegni mi facevano paura quando ero piccolo. Un’emozione così grande. Ho sempre voluto creare qualcosa con quel genere di forza, per me era come se solo qualcuno con abilità sovraumane potesse fronteggiare quel genere d’incontrollata emozione.
Chi sono i protagonisti dei tuoi quadri? Ci sono molti bambini...
Per me i bambini sono le persone più coraggiose. Loro affrontano un mondo informe armati solo delle loro nozioni predeterminate e della loro ingenuità. In molti modi la nostra transizione all’età adulta è uno spostamento verso un mondo più sicuro dove i demoni sono solo una nostra creazione. Ecco perchè li dipingo.
Hai anche una grande passione per gli animali, in particolare gli orsi, amo come li rappresenti, da dove nasce quest’interesse?
Gli animali rappresentano per me, aspetti differenti della nostra lotta umana. Ho iniziato a dipingere orsi che ballano perchè era come mi sentivo, come se mi fosse richiesto di ballare! Ballare! Ballare! Mille volte. Come se tutto ciò che avessi potuto vendere era la mia anima, ed il prezzo era abbastanza per un drink di scarsa qualità. Sono anche ingrassato. Come un orso. Ora le volpi sono il retro del disco, così amabili, abili che vivono al limite. Il coyote è sleale. Amo il coyote.
I tuoi quadri nonostante siano arte figurativa, sono anche colmi di sentimenti ed emozioni noir. Come vedi la tua arte?
Mi piace camminare e mentre lo faccio mi piace pensare, ascoltare e scivolare nell’etere. Nell’altro mondo, nel mondo dei sogni dove le emozioni sono grandi come gli edifici governativi, e spingono dalla terra, in momenti di gloria, e tremano dopo la rivoluzione. Il nostro mondo è freddo e calcolatore e la beffa è tutto quello a cui noi rispondiamo. Ho il cuore tenero.
Alcuni dei tuoi quadri rappresentano teenager con il tipico atteggiamento riot, mentre sono ubriachi o hanno la faccia truccata da Kiss. Hai qualche ricordo in particolare dei tuoi anni da teenager?
Sì. In una cittadina del Canada facevamo dei ditch party, che altro non erano se non un gruppo di adolescenti che s’incontra nei boschi, in un campo o in una strada chiusa e portano birre e liquori. Alcuni vengono a piedi altri in macchina, magari tre macchine per una quarantina di ragazzi. Bevi, alcuni vengono pestati, altri trovano l’amore. Il quadro a cui ti riferisci riguarda tutto questo; l’atteggiamento, il pavoneggiarsi, l’intimidazione e la vulnerabilità. C’è molta forza, molta paura e molta esperienza nuova. L’adolescenza è il periodo della nostra vita più disperato e di belle speranze.
Da dove prendi anche ispirazione per i tuoi lavori: dai film, dalla musica, dove? Vado al cinema durante il pomeriggio e dopo dipingo. Film brutti. Thriller e film d’azione. Questi film mi parlano e mi spingono a creare. Ingigantiscono il tutto e posso così relazionarmi a grandi emozioni e rivelazioni. Poi immagino che siano film minori e discreti, acuti e emotivi, non vistosi e chiassosi. Poi dipingo. Mi piace molto anche la fotografia come quella di Nan Goldin, Sally Man e Cindy Sherman.
É difficile per un pittore capire quando un quadro è finito? Soprattutto se usi i colori ad olio, che possono essere costantemente ritoccati...
I miei quadri non sono mai finiti, continuo a ritoccarli fino a quando non mi sono sottratti dalle mani. Spesso metto in mostra lo stesso quadro più volte, rilavorandolo ogni volta. Ogni volta mi dico: “ è finito”, ma poi cambio idea e i quadri cambiano. A volte muoiono e li dipingo completamente di nero o di bianco e ricomincio tutto da capo.
Secondo te un artista dipinge per se stesso o per raccontare agli altri la propria verità?
Vorrei saperlo. La mia verità è così semplice ed ingenua. L’amore. Sta tutto lì. Dipingere per me stesso? Cosa significa? Un atto compulsivo, un piacere, una distrazione. Dipingo perchè è ciò che sono, un pittore. Non è colpa mia.
Osservando i tuoi quadri ho avuto la sensazione come se i soggetti che tu hai ritratto si fossero fermati d’innanzi a te per il tempo del quadro e poi si fossero mossi di nuovo. Come riesci a dare questa tensione della loro vita?
È esattamente così. Provo a fermare questi momenti nella narrativa della loro vita. Faccio questi piccoli film intorno a loro. Si fermano e poi continuano. Sono registrazioni di un momento. Come l’arte rupestre che è una testimonianza. Noi eravamo qui. Noi eravamo qui.
Mi hai detto che hai dei bambini? Gli hai insegnato a dipingere?
Come ti dicevo ho cinque bambini da uno ai sedici anni. Sono loro che m’insegnano a dipingere, a ridere, a piangere. I più giovani sono gemelli, loro t’insegnano quanto siamo diversi ed uniti allo stesso tempo. Mia figlia di nove anni desidera sempre amore, entusiasmo e sorprese. M’insegna a vivere. Quella di tredici anni è un atleta e m’insegna a provare duramente, e a ridere. Mio figlio di sedici anni è un sognatore ed è molto pigro. M’insegna ad essere un artista ed a rilassarmi. Spero d’insegnargli che la vita va vissuta per fare in modo che i sogni si avverino ed anche il solo provare è tutto ciò che possiamo fare perchè la maggior parte dei sogni sono morti nell’acqua.
Collezioni i loro disegni? Li hai appesi al frigorifero?
Sì. Siamo immersi fino alle ginocchia dei loro disegni. Abbiamo scatole piene, sono appesi al frigorifero e riempiono i nostri scaffali. Quantitativamente producono molto più di me. Ed è tutto buono.
A cosa stai lavorando ultimamente?
Sto dipingendo i protagonisti dei miei quadri preferiti sin da quando ero bambino come il pierrot di Watteau, i nani di Valesquez e sto facendo un film sull’essere un uomo, un bambino e una donna per un anno nella rurale New Brunswick.
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